Opera Magazine
11/04/2014
Il Crocifisso torna sull’altare maggiore
L’intensa umanità della figura di Cristo torna a essere visibile dopo che per un secolo e mezzo era stata oscurata da uno spesso strato di ridipintura a finto bronzo.
Dopo circa 4 anni di restauro il massimo capolavoro della plastica d’epoca savonaroliana, il Crocifisso ligneo di Benedetto da Maiano, torna sull'altare maggiore del Duomo di Firenze.
Scolpito in legno di tiglio alla fine del XV secolo da uno dei maggiori artisti del primo Rinascimento e acquistato dall’Opera di Santa Maria del Fiore nel luglio 1509 dal figlio dello scultore, il Crocifisso nel 1510 fu affidato a Lorenzo di Credi per la policromia e, nel giugno dello stesso anno, a un ‘octonaio’, un certo Michelagnolo di Guglielmo, per la realizzazione della corona di spine.
Il Redentore è rappresentato con il capo leggermente abbandonato, le membra del corpo rilassate, gli occhi e le labbra socchiusi. Oggi l'intensa umanità del corpo di Cristo torna a essere visibile dopo che per un secolo e mezzo era stata oscurata da uno spesso strato di ridipintura a finto bronzo, probabilmente applicata da un maestro ottocentesco, Giovanni Duprè.
Il Crocifisso del Duomo ha una storia ben documentata e conservata nell’Archivio dell’Opera, ma piena di enigmi. Come mai un Crocifisso scolpito sicuramente prima della morte di Benedetto da Maiano, rimane nella bottega per altri tredici anni e poi è adattato per assumere il ruolo di principale arredo liturgico della Cattedrale? Per chi Benedetto da Maiano avrebbe dovuto realizzare un’opera così monumentale?
Gli scultori del periodo lavoravano quasi sempre su commissione e il Crocifisso è troppo grande per una casa o un oratorio privato. L’unica grande chiesa di Firenze che negli anni ‘90 del 1400 stava realizzando importanti arredi liturgici era il Duomo: nel 1491-1492 era partito il progetto di decorazione della Cappella di San Zanobi, e vi è motivo di pensare che nello stesso periodo sia stato fatto qualche tentativo di nobilitare il coro ligneo intorno all’altare maggiore, che era sempre quello provvisorio realizzato da Filippo Brunelleschi nel 1436. La commissione del Crocifisso di Benedetto potrebbe quindi rientrare in un progetto a lungo termine di ammodernamento dell’area liturgica sotto la cupola del Brunelleschi e più a est, nella cappella absidale di San Zanobi.
Durante questi anni di restauro, il capolavoro era stato sostituito con un altro Crocifisso, opera di un artista anonimo del XV secolo, che entrerà a far parte della collezione del nuovo Museo.
Il restauro
A seguito di una proposta del Cardinale Betori, nel novembre 2009, l’Opera del Duomo ha richiesto all’Opificio delle Pietre Dure di verificare se sotto la spessa ridipintura a finto bronzo si trovasse ancora la policromia più antica.
Il Crocifisso, che era interessato da una miriade di fori di tarlo, è stato prima di tutto disinfestato con un trattamento anossico. Successivamente si è proceduto ad effettuare piccoli saggi per la rimozione del finto bronzo che hanno convinto sull’opportunità di recuperare la sottostante più antica cromia: un incarnato naturale, capelli, barba e sopracciglia castani, rivoli di sangue rosso lacca, in leggero rilievo, labbra socchiuse, leggermente più scure dell’incarnato, che lasciano intravedere i denti bianchi. Anche gli occhi leggermente socchiusi lasciano scorgere la sclera bianca e l’iride marrone chiaro.
Via via che veniva rimosso lo strato a finto bronzo, la splendida scultura riacquistava, con il recupero dei colori naturalistici, i suoi valori plastici, con una anatomia perfetta, con la muscolatura descritta morbidamente che ben si adatta alle caratteristiche di Cristo secondo quanto asseriva Savonarola: ”il dolce et bon Jesu era di nobile complessione, et tenera, et delicata, et molto sensibile”.
Il Crocifisso restaurato sarà svelato dal Cardinale Giuseppe Betori durante la solenne azione liturgica del Venerdì Santo, quando per tre volte canterà le parole: “Ecce lignum crucis”, “Ecco il legno della croce…”.