Un imponente cantiere è in corso per proteggere la Cattedrale e il Campanile da una minaccia importante: quella dei fulmini. Il primo dei parafulmini realizzati a difesa del Duomo di Firenze risale addirittura al 1859 ed era costituito da bandelle di rame collegate alle due croci metalliche sulla cuspide della facciata e sulla grande cupola. Ma quello che si sta realizzando adesso, sarà di dimensioni importanti, proporzionate alla grandezza del monumento che è chiamato a difendere. Sarà il più grande che la Cattedrale abbia mai avuto! Gli antichi si chiedevano perché le saette preferissero colpire i luoghi alti e trovavano qualcosa di soprannaturale nell'insistenza con cui i fulmini si scagliavano contro la palla del Verrocchio, ignorando che questa, così come la banderuola sulla cima del pennone sommitale del Campanile, siano dei veri e propri captatori di fulmini. Non è un caso se nel nuovo impianto questi due elementi, collocati alla massima altezza dei due edifici monumentali, uno dei quali, la croce del Verrocchio già dotata di un captatore, saranno implementati nel sistema proprio con questa funzione. Il nuovo impianto (il nome tecnico è LPS - Lightning Protection System), avrà la funzione di intercettare le fulminazioni dirette, di condurre le correnti dei fulmini dai punti d’impatto a terra e di disperdere le correnti nel terreno senza che si verifichino danni. Le masse metalliche di dimensioni importanti, saranno collegate all’impianto per evitare la formazione di scariche pericolose durante il passaggio delle correnti di fulmine. Come sarà fatto il parafulmine? Sarà costituito da un “sistema di captatori”, cioè di elementi predisposti per essere colpiti dalle saette; da un “sistema di calate”, cioè di elementi che conducono il più velocemente possibile il fulmine a terra; e infine da un “sistema di dispersori” che scaricano al suolo l’energia elettrica. Si è scelto di creare un sistema di captatori del tipo “a maglia”, costituito da conduttori in corda di alluminio, aderenti alle coperture e disposti lungo la sommità di tutte le parti sporgenti in modo tale da formare una rete di maglia quadrangolare. Con lo stesso tipo di conduttore in corda di alluminio, a partire dai captatori, per distribuire la corrente di un fulmine fino al sistema di dispersori con percorsi il più possibile brevi e rettilinei, sarà realizzata una calata in corrispondenza di ogni elemento architettonico verticale che ne consenta l’occultamento. Infine, la parte forse più importante dell’impianto: il sistema di dispersori, che fa sì che le scariche atmosferiche, captate e condotte verso il basso, siano infine disperse nel terreno. Sarà realizzato un dispersore alla base di ciascuna calata interconnesso agli altri da un circuito interrato in corda di rame che correrà lungo il perimetro del Duomo e del Campanile. Il circuito interrato che cinge il Campanile e quello della Cattedrale si congiungono, collegando i due impianti e dando vita a un unico grande sistema di dispersori a protezione dei nostri monumenti e delle persone che li abitano. Questa “gabbia” sarà invisibile, perché aderirà alle superfici in modo mimetico, e il colore stesso dell’alluminio, non appena ossidato, si confonderà con i marmi dei rivestimenti. A fronte di un’opera così imponente e difficile il cantiere, che durerà due anni, impatterà molto poco sulla vita della piazza e sulla percezione dei monumenti stessi. Infatti saranno sfruttati i ponteggi esistenti e utilizzate piattaforme aeree per il tempo strettamente necessario in ogni zona. Inoltre il solco dove sarà disposto il circuito interrato di dispersione sarà realizzato un tratto alla volta, e comprenderà per quasi la totalità del perimetro lo spazio compreso tra la balaustra ottocentesca e le pareti degli edifici (questa sarà anche l’occasione per un censimento delle pietre irregolari che costituiscono il lastricato di questo tratto della piazza). Scopri qui la storia dei fulmini che hanno colpito la cupola fino all'installazione del primo parafulmine nel 1859. Anonimo fiorentino: Il fulmine colpisce la lanterna. Oxford, Ashmolean Museum, n. cat. 770.