Il complesso del Museo dell’Opera del Duomo si è sviluppato nel corso degli anni del Novecento e comprende l’insieme dei corpi di fabbrica che hanno accolto a partire dalla prima metà del Quattrocento la sede dell’Opera del Duomo, ovvero l’istituzione creata alla fine del XIII secolo per sovrintendere alla costruzione della nuova Cattedrale. L’intero complesso è stato adattato nel corso dei secoli in base alle esigenze dell’Opera, da sede per le magistrature, i laboratori e i magazzini fino all’attuale destinazione d’uso dell’intero complesso come sede museale. L’impianto urbanistico di questa vasta area che circonda Santa Maria del Fiore è l’esito di un preciso disegno, che ha l’esplicita volontà di realizzare uno spazio adeguato alla monumentalità della Basilica. Negli anni che seguono l’avvio dei lavori della nuova Cattedrale, nella seconda metà del Trecento, molti edifici vengono comprati e demoliti da parte dell’Opera per la costruzione delle Tribune e per l’esigenza di creare un piazzale di adeguate dimensioni tra l’angolo di via del Proconsolo e il perimetro delle cappelle absidali, rinnovando così l’edificato circostante. Le nuove abitazioni costruite sul margine orientale e settentrionale della piazza, anticamente via di Santa Reparata o delle Fondamenta, seguono l’andamento in pianta delle Tribune, fino all’altezza di quella centrale, dove la curvatura dell’invaso si raddrizza fino all’incrocio fra via del Proconsolo e l’attuale via dell’Oriolo. Negli atti dell’Opera del di Santa Maria del Fiore sono contenute le precise indicazioni; nel 1381 si stabilisce di aprire una nuova strada che da via del Proconsolo conduca a via dei Servi, ad evitare l’attraversamento del cantiere, definendo così il profilo del lato orientale dell’attuale piazza del Duomo. Occorre notare come negli atti e nelle delibere relative alla sistemazione urbanistica non si parli mai di ‘piazza’, ma sempre di vie e strade. Così, nel 1388 gli Operai di Santa Maria del Fiore, «cupientes quod dicta ecclesia hornetur viis», deliberano che attorno alla chiesa siano aperte «vias pulcras et largas ut decet iustas et honorabiles, ac etiam pro honore et comodo tam civium quam civitatis Fiorentie», prescrivendo una larghezza di 27 braccia (circa 16 metri), un valore eccezionale per il serrato spazio della città medievale, tanto più che questa indicazione sarà ampliata in successive deliberazioni prima a 28 ed infine a 37 braccia. Con la creazione del grande spazio attorno alla Cattedrale, ci si preoccupò di garantire il decoro della piazza non solo mediante la sua vastità, ma anche uniformando i fronti prospicienti ad essa. Gli operai ordinarono di abbellire di casamenti le strade attorno la Cattedrale, con finestre di forma da stabilirsi con gli operai, "con pilastri bugnati e archi similmente dei quali acerchitur ecclesia […] usque ad introhitum tiratoriorum Falconeriorum", come anche oggi appare. Il piano terreno doveva essere realizzato con arcate in bugne in pietraforte, picchiatas a gradina, di cui si precisano la larghezza dei pilastri, l’apparecchiatura delle bozze, la dimensione dei conci, sia l’imposta che la chiave. Mentre l’affaccio dei piani superiori, destinati ad uso abitazione, fosse di semplice muratura intonacata. Si stabilì, inoltre, che le facciate fossero tutte ad unum davanzale, posto all’altezza di 12 braccia, con l’interno una quota costante ed uniforme per stabilire la quota delle finestre che si aprivano al primo piano, disposizione oggi parzialmente leggibile nei prospetti che si affacciano sulla piazza. Questa prescrizione, dettata da un’ordinanza del 1389, trova conferma nel disegno odierno dei fronti lungo il perimetro della cattedrale, dal Museo dell’Opera fino all’imbocco di via Ricasoli. Nel tratto tra via Ricasoli e via dei Servi, otto arcate corrispondevano al palatio dell’Opera, che vi fece apporre sette schudi intagliati con il proprio stemma e le insegne della Repubblica fiorentina, ancor oggi conservati. Dunque alla fine del Trecento lo spazio circostante la cattedrale assunse un aspetto unitario, che si mantiene ancora nello stato attuale nella corona di arcate in pietra forte che si sviluppa da via Ricasoli fino al Museo dell’Opera, nonostante le successive trasformazioni. IL BUSTO DI COSIMO I Il busto di Cosimo I si presenta dentro un vano ovale circondato da una fastosa incorniciatura ornata da motivi a cartigli, nappe di frutta, palle medicee e, in basso, l'insegna dell'ordine cavalleresco del Toson d'Oro, tenuta da una maschera leonina; il tutto è sormontato dalla corona granducale sostenuta da due amorini. Intorno alla nicchia corre la scritta latina: Cosimo de Medici granduca di Toscana; sulla fascia della corona granducale si ricorda la concessione del titolo da parte di papa Pio V. L'opera fu collocata sopra l'ingresso esterno del Museo, come riferisce il Lapini nel novembre del 1572: "Si veggono di sua mano nella nostra città cinque teste di marmo del Gran Duca Cosimo, la prima sopra la porta dell'Opera di santa Maria del Fiore..." così il Borghini, nella vita di Giovanni Bandini. Anche il Baldinucci ricorda questo e gli altri busti di Cosimo come esempi della maestria ritrattistica del Bandini. La denominazione "Dell'Opera" gli fu attribuita per sottolineare la lunga carriera artistica a servizio dell'Opera di Santa Maria del Fiore per la quale realizzò anche i rilievi della balaustra del coro del Duomo. L'opera si può confrontare per analogia stilistica con il ritratto di Cosimo I in marmo attualmente conservato al Los Angeles County Museum of Art (LACMA) datato al 1542, con il busto di Francesco I collocato sopra la porta delle Suppliche degli Uffizi e il busto in marmo di Brunelleschi conservato nel Museo dell'Opera di Santa Maria del Fiore. Il busto essendo stato collocato sulla facciata nel 1572, quando l'edificio era sede della Magistratura dell'Opera e non era ancora un Museo, si può considerare come un simbolo celebrativo del ruolo svolto dal Granduca a sostegno della fede cristiana. Infatti dopo aver stipulato un accordo con il Papa secondo il quale avrebbe messo a servizio la propria flotta a sostegno della Lega Santa, Cosimo I fu insignito del titolo di Granduca. Gli angioletti che sostengono la corona granducale rappresentano simbolicamente lo spirito divino che offre a Cosimo I la carica di Granduca. L'insegna dell'ordine cavalleresco del Teson d'Oro di cui Cosimo entrò a far parte, presenta anch'esso legami con la religione, in quanto dopo la controriforma divenne un ordine cattolico che ricevette l'approvazione e il sostegno della Santa Sede.