Sono passati 53 anni dalla mattina del 4 novembre 1966, quando il fiume Arno sommerse di acqua e fango la città e i comuni circostanti. Cosa ricorda di quella mattina? "In quel periodo insegnavo in diverse università americane a Firenze e il 3 novembre, il giorno prima dell'alluvione, stavo andando ad Ognissanti ad incontrare i miei allievi della Stanford University quando mi sono imbattuta nell'esercito perché già quel giorno erano iniziati i primi disagi. Nella notte tra il 3 e il 4 novembre ho ricevuto la telefonata di Ugo Procacci , a quel tempo Soprintendente ai monumenti e alle Belle Arti, che mi chiedeva aiuto per il trasporto di decine di migliaia di negativi del Gabinetto fotografico degli Uffizi, uno degli ambienti più danneggiati dall'alluvione, per trasportarli a Villa I Tatti. Ci sarebbero voluti oltre dieci giorni per lavarli ed asciugarli. Quella mattina ci siamo fermati anche all'Opera di Santa Croce, dove il livello dell'acqua aveva già raggiunto i 6 metri, per recuperare i dipinti contenuti nel Museo." Quali sono stati gli enti e le associazioni maggiormente coinvolti nel recupero del patrimonio artistico? "Ci sono state diverse associazioni che hanno sostenuto e finanziato i danni dovuti all'alluvione, provenienti soprattutto dagli Stati Uniti, dalla Germania e dall'Inghilterra. Il comitato americano CRIA, The Committee to Rescue Italian Art, finanziò gran parte delle operazioni di recupero, di studio e di restauro del patrimonio artistico e la mia collaborazione come traduttrice per gli scienziati impegnati nei lavori è nata proprio con questa associazione e con il comitato tedesco guidato da Alexander Kreuter. Ma ci sono stati anche molti Comitati nazionali che hanno raccolto fondi pubblici e privati destinati non solo al recupero delle opere danneggiate, ma alla creazione di un laboratorio scientifico di restauro. Qui, in un clima internazionale che smentisce la provincialità fiorentina, studiosi e restauratori che arrivavano a Firenze da ogni parte del mondo hanno contribuito alla ricerca e all'analisi di nuove tecniche e materiali. Questo episodio ha reso possibile la sperimentazione di pratiche, oggi obsolete o molto criticate come l'utilizzo delle resine sintetiche per il consolidamento delle superfici, ma anche la scoperta del Professor Ferroni dell'Università di Firenze di nuove sostanze come l'idrossido di bario per la ricostruzione degli intonaci contaminati usato ancora oggi. Inoltre vorrei ricordare la mia esperienza nell'equipe di Leonetto Tintori, esperto restauratore pratese che esercitò la sua professione sia in Italia che all'estero e che è considerato tra i padri fondatori del restauro moderno. Tintori fu tra i primi restauratori che hanno compiuto ricerche diagnostiche e rilievi per la conoscenza della materia costitutiva delle opere d'arte, chiedendo e ricevendo per questo sostegno da storici, scienziati e architetti. La sua grande competenza, accompagnata da una straordinaria indole artistica, costituirono motivo di crescita di tutto il movimento di restauro scientifico che, dopo l'alluvione, si sarebbe affermato nell'alveo della scienza della conservazione." Come cambia il concetto di restauro di un'opera d'arte dopo l'alluvione? "Si può dire che l'alluvione ha aiutato il cambiamento di percezione della materia del restauro che, fino a quell'epoca, non era visto come una scienza. Non esisteva una laurea o un corso di studi specifici in questo settore e i restauratori erano visti come manovali anche se, per secoli, si sono occupati di provvedere alle riparazioni, al deperimento e alla protezione delle opere d'arte che si offuscavano all'interno di chiese, palazzi e musei. Prima dell'alluvione gli storici d'arte italiani erano interessati principalmente alla storia della critica e al lato estetico di un'opera d'arte tralasciando completamente la storia della tecnica. L'importanza dell'alluvione in questo senso è stata quella di far capire che non si può separare la tecnica e la materialità dell'opera d'arte dal suo aspetto storico e estetico." Eve Borsook è una storica dell'arte, nata a Toronto, cresciuta in California, specializzata in decorazione murale (mosaici e pitture murali). Ha conseguito il dottorato di ricerca presso il Courtauld Institute (Università di Londra) e ha insegnato come Visiting Professor preso l'Istituto delle Belle Arti, New York University, e in molti altri istituti negli Stati Uniti, a Firenze e in Australia. Vive a Firenze dal 1952. Tra le sue pubblicazioni si ricordano: The Mural Painters of Tuscany (1960, 1980), The Companion Guide to Florence (9 edizioni tra il 1966 e il 1998) e Francesco Sassetti and Ghirlandaio at Santa Trinita, Florence: History and Legend in a Renaissance Chapel (1981).