Opera Magazine
02/05/2022
Scoprendo Leonardo: le tracce di da Vinci nell'Opera di Santa Maria del Fiore
Come uno dei geni più importanti della storia ha lasciato tracce del suo ingegno: Leonardo da Vinci e la sua presenza nel complesso monumentale di Piazza del Duomo.
Tempo di lettura: 10' ca.
Gli artisti che hanno offerto il loro talento alla costruzione e decorazione dei monumenti dell'Opera di Santa Maria del Fiore sono stati tra i più grandi della storia, soprattutto nell'età d'oro dell'arte toscana, tra il XIII e il XVI secolo: basterebbe citare Brunelleschi, Ghiberti, Donatello, Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Pollaiolo, Verrocchio, Michelangelo, Jacopo Sansovino, Vasari. A questo sorprendente elenco di protagonisti di quel periodo chiamato poi “Rinascimento” va aggiunto un altro eccellente nome: Leonardo da Vinci.
Leonardo è il grande assente sulla parete marmorea del corridoio all'ingresso del Museo, dove sono celebrati coloro che hanno lavorato per l'Opera, infatti il suo nome non compare nei nostri archivi, tranne in un caso del quale diremo in seguito. Esiste tuttavia un legame importante tra Leonardo e l'Opera del Duomo, riconoscibile nelle vicende storiche e nelle opere d'arte della Cattedrale e del Battistero.
Innanzitutto bisogna tener presente che Leonardo fu eclettico: espresse il suo genio tanto nelle tre arti maggiori (pittura, scultura, architettura…), quanto nell'ingegneria meccanica, civile, militare, robotica e idraulica (le sue invenzioni sono famose e profetiche), così come nelle scienze naturali (anatomia, fisica zoologia, botanica, musica e cucina). E benché Leonardo avesse mantenuto un rapporto di amore e odio con la sua Firenze (visse a lungo a Milano e poi si trasferì definitivamente alla corte di Francia dove morì) grazie alla sua straordinaria versatilità, ha lasciato una traccia nella storia del Complesso dell'Opera del Duomo.
Sappiamo che Leonardo fu nella bottega del Verrocchio (una delle più importanti di Firenze) per circa quattro anni, (1469-74), e lì poté acquisire importanti conoscenze di pittura, scultura, metallurgia e ingegneria meccanica. In quel periodo ebbe la fortunata opportunità di studiare direttamente le macchine inventate da Brunelleschi per sollevare la Cupola: gru, leve, viti, ingranaggi, pesi e contrappesi. Era nella bottega del Verrocchio quando il suo maestro utilizzò quelle macchine per allestire l'enorme Palla d'oro della Cupola del Duomo (1472). Abbiamo ancora i disegni di studio di Leonardo della gru usata per posizionare il grande globo (in due fogli del Codice Atlantico) e l'argano a tre velocità (ora all'Ambrosiana). Inoltre, nella Milano degli Sforza Leonardo divenne l'erede del Brunelleschi anche come progettista di straordinarie macchine teatrali.
Forte di queste conoscenze ingegneristiche, Leonardo propose per il Battistero un progetto sorprendente, che non fu mai realizzato. Sapeva che anticamente il Battistero era sopraelevato su una scalinata, progressivamente inghiottita dall'innalzamento del livello del suolo: il Vasari ci racconta che il genio vinciano pensò di reintrodurre questo basamento innalzando con funi e argani l'intero edificio, per poi posarlo sulla nuova base a lavoro ultimato!
Ne è testimonianza un disegno del Granacci (Dipartimento di Disegni e Stampe, Uffizi). Questa idea, apparentemente "folle" e visionaria anche per la nostra ingegneria contemporanea, si ispirava forse alla notizia che nel XV secolo Aristotele Fioravanti era riuscito a spostare una torre a Bologna mantenendola intatta (anch'egli utilizzando le scoperte del Brunelleschi).
Ma c'è di più sul rapporto tra Leonardo, Verrocchio e il Battistero di Firenze.
Se i dipinti di Leonardo sono famosi, nessuna scultura a lui attribuibile con certezza è giunta fino a noi, ma gli storici dell'arte hanno proposto su base stilistica che Leonardo abbia collaborato, come artista indipendente con il suo vecchio maestro, ad una terracotta preparatoria del rilievo raffigurante la Decollazione di San Giovanni il Battista per il lato destro dell'Altare d'Argento del Battistero (ora al Museo dell’Opera del Duomo). Gli studiosi hanno creduto di riconoscere la sua mano nelle figure del giovane con il vassoio e dell'uomo con il turbante.
Alcuni anni dopo, a Firenze, Leonardo fece amicizia con un artista più giovane, anche lui allievo del Verrocchio, lo scultore Giovan Francesco Rustici, autore nel 1506-11 del gruppo bronzeo per l’esterno del Battistero raffigurante la Predica del Battista. Il Vasari ci racconta che quest'importante opera, oggi conservata nel Museo dell’Opera del Duomo, fu ideata dal Rustici ma modellata e fusa con i consigli e l'aiuto di Leonardo. Per il tempo della sua realizzazione i due artisti convissero in alcune case della famiglia Martelli:
“Non volle Giovanfrancesco mentre conduceva di terra quest’opera altri a torno che Lionardo da Vinci, il quale nel fare le forme, armarle di ferri et insomma sempre insino a che non furono gettate le statue, non l’abbandonò mai, onde credono alcuni, ma però non ne sanno altro, che Lionardo vi lavorasse di sua mano, o almeno aiutasse Giovan Francesco col consiglio e buon giudizio suo.”
È impossibile dire fino a che punto Leonardo abbia direttamente partecipato alla realizzazione di questi bronzi, ma la loro eccellente qualità suggerisce l'attendibilità del racconto del Vasari (e le terrecotte di Giovan Francesco ispirate alla Battaglia di Anghiari di Leonardo dimostrano quanto fossero vicini i due artisti). Leonardo aveva acquisito una grande perizia nella fusione del bronzo, non solo come ex allievo del Verrocchio, ma anche perché in quel periodo tornava dai suoi sforzi milanesi per la fusione in bronzo del gigantesco monumento equestre a Francesco Sforza (mai realizzato).
Sappiamo poi che Leonardo prediligeva la scultura in terracotta e in bronzo e dal punto di vista stilistico il gruppo della “Predica” presenta un forte chiaroscuro squisitamente leonardesco. Anche in questo caso, le ricerche fisionomiche dei volti dei tre personaggi hanno le forti caratterizzazioni espressive proprie del maestro: la testa del levita calvo, ad esempio, ricorda da vicino alcune caricature di Leonardo, così come i suoi studi preparatori per alcuni degli apostoli della sua celebre Ultima Cena, mentre la grazia e la posa del Battista con l'indice della mano destra alzato al cielo, ricordano da vicino il suo dipinto con San Giovanni, conservato al Museo del Louvre.
Infine, il nome di Leonardo compare in uno dei più importanti documenti conservati nell'Archivio Storico dell'Opera: il 25 gennaio 1504 il suo nome è tra quelli di una commissione di esperti chiamata a decidere l'ubicazione del David di Michelangelo. L'imponente marmo, lavorato dal Buonarroti, infatti, era stato commissionato dall'Opera e destinato ad uno degli speroni esterni della Cattedrale, ma l'eccezionale bellezza dell'opera fece subito pensare ad una collocazione ancora più importante.
Il documento cita altri grandi artisti dell'epoca insieme a Leonardo, chiamati a decidere le sorti del capolavoro: Andrea Della Robbia, Piero di Cosimo, Cosimo Rosselli, Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Lorenzo di Credi, Giuliano e Antonio del Sangallo e altri. Alcuni di loro hanno proposto di collocare il gigante nella piazza antistante il Duomo, altri in piazza Signoria, accanto al portone principale di Palazzo Vecchio (dove sarà collocato). Una terza "parte", guidata dal Sangallo, vista la fragilità del marmo della statua, aveva invece suggerito di collocarla nella Loggia dei Lanzi.
Leonardo aderì a quest'ultima proposta e suggerì di collocarlo sul lato corto della Loggia, all'interno di una nicchia, per evitare che disturbasse le cerimonie pubbliche. Si trattava di una soluzione che avrebbe alterato la percezione dei valori formali del capolavoro, relegandolo anche in una posizione defilata.
Sappiamo che Leonardo non apprezzava l'anatomia eccessivamente potente del David, ma un suo disegno raffigurante questa scultura, testimonia ancora l'interesse e la distanza tra l'ideale estetico del maestro vinciano e quello del giovane Buonarroti.
L’osservatore più attento troverà Leonardo raffigurato nella parte sommitale della facciata neogotica della Cattedrale, in uno dei rilievi ottocenteschi che ornano la galleria con i ritratti dei grandi geni dell’arte. Il gesso preparatorio, opera del Fantacchiotti, è esposto al primo piano del Museo e ci ricorda che anche Leonardo ha preso parte alla grande storia dell’Opera di Santa Maria del Fiore.