Opera Magazine
09/07/2024
Storie dalla facciata di Arnolfo
Un Angelo musicante attribuito a Jacopo di Piero Guidi e la Dormitio Virginis di Arnolfo di Cambio oggi al Bode-Museum di Berlino
Articolo in collaborazione con il Bode-Museum di Berlino
La costruzione della Cattedrale di Santa Maria del Fiore iniziò nel 1296 a partire dalla facciata. Solitamente le chiese venivano realizzate a partire dall'abside, ma qui si scelse di mantenere la vecchia cattedrale in funzione mentre si costruiva quella nuova sopra e intorno ad essa. Questa impresa durò quasi 80 anni, fino alla demolizione definitiva dell'antico duomo di Santa Reparata. Tuttavia, la facciata della nuova cattedrale, decorata con statue, rilievi, rivestimenti marmorei e mosaici a tema mariano e progettata per superare la bellezza e la modernità di altre importanti chiese toscane, rimase incompiuta nella parte superiore e, nel 1587, Francesco I de’ Medici la fece smantellare per sostituirla con una più moderna.
A seguito di questa operazione molte sculture della facciata medievale del Duomo furono disperse, perdute, vendute a privati, alcune finirono nei giardini e nei palazzi di case fiorentine. Tra il XIX secolo e oggi, gran parte di queste opere furono ritrovate e riacquistate, permettendone così la loro ricongiunzione e restituendo la lettura completa del programma iconografico della facciata. Grazie ad un disegno di Bernardino Poccetti, realizzato prima dello smantellamento, nel 2015 nella “Sala del Paradiso” del nostro Museo, è stata creata una riproduzione in resina della facciata arnolfiana, popolata con le sculture originaliche ne facevano parte. Ma non tutti gli originali sono tornati a casa e alcuni hanno preso la via di altri musei di tutto il mondo.
La pubblicazione di oggi ci porta al Bode Museum di Berlino, dove sono conservati alcune di questi marmi dispersi: il gruppo della Dormitio Virginis di Arnolfo di Cambio e un Angelo musicante attribuito a Jacopo di Piero Guidi. Il gruppo della Dormitio Virginis (1300-1310), con la Vergine distesa abbracciata da un apostolo e con le teste di due altri apostoli dolenti, fu scolpito per la lunetta del portale destro della facciata. Giunto a inizi del XX secolo al Kaiser Friedrich Museum di Berlino, il gruppo, e soprattutto il volto della Vergine, fu gravemente danneggiato nel 1945 dall'incendio che colpì il bunker di Friedrichshain. Fortunatamente, al Museo dell’Opera Duomo se ne conserva un calco ottocentesco che ha preservato la memoria delle forme originarie, affiancato dai frammenti originali con l’anima di Maria in braccio a Cristo e un Apostolo, acquistato dalla collezione Torrigiani nel 2016.
Berlin, Bode-Museum (Skulpturensammlung) / Katharina Kühnl;Public Domain Mark 1.0
Il gruppo della Dormitio, giunto ai giorni nostri incompleto, trova il suo corrispettivo pittorico nella Dormitio Virginis di Giotto (1312-1314), oggi al Gemäldegalerie, Staatliche Museen zu Berlin. Nella raffigurazione di Arnolfo il corpo di Maria è il risultato di un'accurata ricerca di sintesi delle forme, senza rinunciare al naturalismo del modellato. In contrasto con la rigida visione frontale della tradizione bizantina del Koimesis (“sonno della morte”), o con il modello gisant del monumento funerario, che prevedeva il corpo inclinato in avanti, qui la Vergine si offre allo spettatore attraverso un parziale torsione del busto. L’intensità espressiva e la posa dinamica dei due apostoli dolenti, che vegliano sulla Vergine, e di san Giovanni che afflitto abbraccia il corpo inerte della Madonna sono tratti tipici dell’ultima produzione di Arnolfo di Cambio.
Col tempo e il cambio del gusto alcune delle opere disperse della facciata medievale furono smembrate o modificate con aggiunte di pezzi provenienti da altre sculture alterandone il loro significato iniziale. È questo il caso dell’angelo musicante conservato oggi al Bode-Museum attribuito a Jacopo di Piero Guidi, il quale insieme a Piero di Giovanni Tedesco, realizzò per alcune loggette della facciata un gruppo di angeli con strumenti musicali. La scultura oggi al Bode ha in mano un salterio, motivo per cui, fu trasformata più tardi nel Re David dell’Antico Testamento. Fu con questo titolo che l’opera fu acquistata a Firenze nel 1903 dallo scultore Corsi, dopo aver fatto parte di una decorazione barocca di una sala al piano terra di Palazzo Giugni (via degli Alfani).
Berlin, Bode-Museum (Skulpturensammlung) / Antje Voigt; CC BY-SA 4.0
L’attribuzione a Jacopo di Piero Guidi è dovuta alle dimensioni e somiglianza stilistica con gli altri due angeli di mano di questo artista per la facciata e trova anche un riscontro documentale nell’Archivio Storico dell’Opera di Santa Maria del Fiore, dove con data 23 aprile 1383 è registrato un pagamento per l’immagine di un angelo con salterio in marmo: “Jacobo Pieri scarpellatori, pro complemento sue mercedis et salarii cuiusdam ymaginis Angeli cum salterio in lapide marmoreo, per eum sculte pro dicta opera, ad rationem fl. XXV au, fl. XIV au. Soldos XIV et denarios VI f.p.” [Delib., XVII, c. 20].
Altre opere come l’Angelo adorante oggi alla Harvard University Art Museum di Cambridge (Massachusets) o i Santi protomartiri Stefano e Lorenzo, attribuiti a Piero di Giovanni Tedesco, attualmente al Louvre, facevano parte della facciata arnolfiana della cattedrale. Di queste sculture il Museo dell’Opera del Duomo ha integrato l’allestimento con delle copie. Altri frammenti della ricca facciata arnolfiana sono rimasti a Firenze, ma depositati in musei e altri luoghi: alcune teste di santi o profeti si trovano al Museo Nazionale del Bargello e – infine – di Arnolfo sono i corpi acefali di un Diacono e di un Assistente che affiancavano il Bonifacio VIII nella sua edicola, che sono tutt’oggi in collezione privata.
Solo dopo un restauro fu scoperta la diversa provenienza della testa rispetto al corpo e così le parti furono separate. L’incendio del Bunker nel 1945 danneggiò la parte antica che ancora oggi mostra un aspetto danneggiato dal fuoco mentre la testa fu portata in un magazzino del seminterrato. Per lungo tempo la testa fu esposta al Bode-Museum come frammento ma adesso l’allestimento museologico mostra nuovamente le parti congiunte restaurate in un’ottica non di ripristino del valore e della funzione originaria della scultura della facciata, ma della storia che nel corso dei secoli ha portato con sé e che ormai fa parte dell’opera stessa.