Opera Magazine
11/07/2022
I dodici giganti di marmo del Duomo di Firenze
Alla scoperta della serie di dodici grandi statue che ornano l’interno della Cattedrale, opera dei migliori scultori del Rinascimento fiorentino
Chi, visitando la nostra enorme Cattedrale non ha posato gli occhi sulle sculture di marmo molto più grandi del naturale, raffiguranti apostoli e profeti che la ornano dall’interno di imponenti edicole in marmo mischio?
Queste statue sono dodici: quattro si trovano lungo le pareti delle navate laterali mentre le altre otto sono nell’area del coro. Le prime sono capolavori del Quattrocento, le altre sono opere eccezionali dei maggiori maestri del XVI secolo. Complessivamente, quindi, la storia di questa serie copre quasi due secoli e vede la mano di molti artisti.
Il racconto cominciò il 24 aprile 1503 quando, dopo l’enorme successo del David ormai a conclusione, i Consoli dell’Arte della Lana stipularono un nuovo contratto con Michelangelo Buonarroti, dandogli incarico di scolpire le statue dei Dodici Apostoli per altrettante cappelle del presbiterio della Cattedrale. I tempi previsti per la consegna erano di un anno per ciascun marmo, ma le cose non andarono secondo gli accordi e già nel 1505 Michelangelo lasciò Firenze e il contratto fu rescisso. L’Opera rimase in possesso di uno dei primi esempi di non-finito michelangiolesco, cioè lo splendido San Matteo, che sembra lottare per emergere frontalmente dal blocco di pietra che lo imprigiona, dal 1837 nella Galleria dell’Accademia di Firenze.
Nel decennio successivo l’Opera riprese il progetto delle statue dei Dodici Apostoli, scegliendo di affidarne la realizzazione non più a un solo artista, ma incaricandone una squadra di alcuni dei migliori maestri fiorentini di scultura del tempo. Tra il 1511 e il 1514 ad Andrea Sansovino furono dati da scolpire un San Giuda Taddeo e un San Mattia, mentre a suo figlio Jacopo – che fu uno dei giganti della scultura del Cinquecento – un San Giacomo Maggiore. Andrea però non onorò il contratto e solo il meraviglioso San Giacomo fu eseguito nel 1517. Oggi lo si ammira nel primo pilastro a sinistra, all’ingresso del presbiterio. Nei medesimi anni furono anche commissionati al fiesolano Andrea Ferrucci, poi capomastro dell’Opera, l’apostolo suo omonimo, che è nella parete della cappella intitolata a questo santo della tribuna settentrionale; e al raffinato scalpello di Benedetto da Rovezzano un San Giovanni evangelista, per la cappella meridionale della tribuna est. Nel 1515, per intercessione di Lorenzo de Medici Duca di Urbino, un giovanissimo Baccio Bandinelli, che sarebbe divenuto figura di spicco dell’arte fiorentina, fu poi incaricato della realizzazione della statua di San Pietro (tribuna est).
Dopo questo blocco di commissioni ci fu un’interruzione legata alle turbolenze politiche che videro la fine della Repubblica e l’avvento del granducato Mediceo.
I lavori ripresero mezzo secolo dopo quando, nel 1565, in occasione delle nozze tra Giovanna d’Austria e il futuro granduca Francesco de’ Medici, fu deciso di ornare le navate della Cattedrale disponendo lungo le pareti le statue degli Apostoli fino ad allora realizzate, ma giacenti ancora nei depositi. Fu dato all’Ammannati l’incarico di dare a queste sculture una collocazione decorosa, in armonia con gli interni medievali, ma anche rispondente alla maniera moderna. A partire dal 1573 Ammannati realizzò allora le monumentali edicole in marmo mischio che ancora oggi si ammirano. Contemporaneamente, si cercò di completare la serie degli Apostoli e fu dato incarico a due scultori impegnati nei lavori del nuovo coro marmoreo. Vincenzo de’ Rossi scolpì il San Matteo (a destra dell’accesso al presbiterio) e il San Tommaso dell’omonima cappella della tribuna nord, mentre Giovanni “dell’Opera” Bandini consegnò gli splendidi San Filippo e San Giacomo minore (nella tribuna meridionale).
Queste statue furono le ultime a essere realizzate: nel 1580 la serie rimase interrotta e nel 1589 nelle quattro edicole allestite nelle pareti delle navate laterali vennero alloggiate altrettante sculture quattrocentesche provenienti dalla facciata, demolita appena due anni prima: il profeta Isaia e il Re David (1427-1435) di Ciuffagni (1424-1427) e il Giosuè (forse un ritratto del Cancelliere Poggio Bracciolini) di Bernardo Ciuffagni e Nanni di Bartolo, forse con l’apporto di di Donatello (1415-1421).
Pur se capolavori, è evidente la discrepanza stilistica tra queste quattro statue e quelle cinquecentesche, ma essa è attenuata dalle edicole, che restituiscono unità alla serie. Una curiosità: le prime due edicole venendo dalla controfacciata non sono in marmi mischi, ma in gesso e legno “marmorizzato”, cioè dipinto per fingere il marmo. Queste due sono le più antiche della serie e furono approntate nel 1565 come prova e modello per le successive in pietra!