Opera Magazine
20/01/2022
Le vetrate istoriate del tamburo della Cupola di Santa Maria del Fiore
Storia, analisi e significati di otto capolavori di luce del Rinascimento fiorentino
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Nello spazio sottostante la Cupola del Duomo i raggi solari spiovono tingendosi di colore, filtrati da otto vetrate dipinte, di forma circolare, che come otto occhi traforano la pietra delle pareti del tamburo unendo la luce del cielo allo spazio interno. Queste otto vetrate furono realizzate tra il 1434 e il 1445 da grandi maestri vetrai su disegno dei maggiori artisti del Rinascimento fiorentino – Donatello, Ghiberti, Andrea del Castagno e Paolo Uccello – di quasi 5 metri di diametro, raffiguranti le storie di Maria e di Cristo. Esse completano il ciclo di 44 vetrate della Cattedrale, che furono dipinte tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento dai più importanti pittori fiorentini, i quali vi raffigurarono una sterminata serie di santi e personaggi dell’Antico Testamento.
Nel 1434 la volta della Cupola era quasi conclusa e fu quindi avvertito il bisogno di decorare gli oculi del tamburo. La prima vetrata ad essere commissionata fu quella rivolta a est con l’Incoronazione di Maria, che è la più visibile dalle navate e che celebra la titolare della Cattedrale. Fu chiesto a Ghiberti e a Donatello la realizzazione di un cartone di prova a grandezza 1:1 che fu posto nell’oculo per osservarne l’effetto. Vinse Donatello che per la prima volta introdusse in una vetrata istoriata l’uso della prospettiva: il trono della Vergine scandisce la profondità dello spazio e le figure sembrano arretrare rispetto alla cornice, che non è più un elemento solo decorativo ma dà l’illusione di essere un’imbotte scorciato con serafini e cherubini.
Dopo questo smacco Ghiberti si trovò, nel 1443, a dover superare un nuovo confronto per la commissione della vetrata raffigurante l’Ascensione di Cristo. Stavolta il rivale era il pittore maestro di prospettiva per eccellenza: Paolo Uccello, reduce dal successo per la realizzazione in Cattedrale dell’affresco con il monumento equestre di Giovanni Acuto. Fu Ghiberti ad avere la meglio e gli furono affidate sia questa vetrata che quelle della Presentazione di Gesù al Tempio e dell’Orazione nell’orto.
Queste tre furono le ultime vetrate disegnate dal maestro che ne aveva firmate ben 33 per il cantiere del Duomo. Il grande orefice e scultore aveva lavorato a queste opere per quasi 40 anni, evolvendosi come artista mentre, contemporaneamente, modellava e fondeva le porte del Battistero: da giovane, intorno al 1405-15, aveva disegnato le tre vetrate circolari della controfacciata - tra cui la più grande, quella del rosone, raffigurante l’Assunzione della Madonna - e vent’anni dopo quelle delle Cappelle presbiteriali.
In queste ultime vetrate per il tamburo, Ghiberti arrivò ad unire nel suo stile le eleganze minuziose del tardogotico della sua giovinezza con le innovazioni di Donatello e Brunelleschi apprese nei decenni precedenti. Nella sua Ascensione vediamo il Cristo che si eleva tra gli apostoli in cerchio e la sua figura si staglia contro un fondo blu che si fa più intenso verso il centro per dare l’effetto di uno spazio dilatato verso il fondo. Nell’Orazione nell’orto invece Ghiberti diede forma ad una rappresentazione irrazionale della scena: si dissolvono le distanze e i rapporti proporzionali tra le figure e il paesaggio. Cristo che prega, l’angelo che discende e gli apostoli che dormono sembrano giganti incastonati in una minuta scenografia teatrale dipinta con dovizia di dettagli: alberi, case, ruscelli... Ancora diversa stilisticamente è la vetrata con la Presentazione di Gesù al tempio, che è molto più armoniosa e chiara sia nella disposizione degli elementi che nelle pose dei personaggi. Vediamo la Sacra Famiglia, Simeone e gli altri protagonisti dell’episodio evangelico, ordinati in coppie simmetriche intorno all’altare e al sacerdote.
Il cartone proposto da Paolo Uccello nel 1443 doveva comunque aver impressionato i responsabili dell’Opera del Duomo perché tra il 1443 e il 1444 gli furono commissionati i disegni per le vetrate di altri tre oculi: quello con la Resurrezione di Cristo, quello con la Natività e quello con l’Annunciazione.
Le sue vetrate si distinguono per la presenza di solidi geometrici messi in prospettiva e per l’atmosfera trasognata delle storie. Nella Resurrezione tutto si svolge in uno spazio indefinito, dentro il quale Cristo risorge coperto da una veste floreale, sollevandosi sopra il sepolcro messo di scorcio, mentre ai lati, i soldati messi a picchetto, dormono nelle loro armature fatte di sfere e di cilindri.
La Natività è stata molto alterata nei secoli da restauri inaccurati, ma di Paolo Uccello riconosciamo il bellissimo aggettarsi dei musi del bue e dell’asinello e l’invenzione della capannuccia fatta di travi di legno grezzo, messe in perfetta prospettiva geometrica.
L’Annunciazione si trovava nell’oculo rivolto verso ovest ed è l’unica vetrata che è andata interamente perduta, distrutta da un fulmine nel 1828. L’Opera di Santa Maria del Fiore bandì all’epoca un concorso per la realizzazione di una nuova vetrata che raffigurasse lo stesso soggetto in stile rinascimentale. Il concorso era stato vinto da Ulisse Forni, celebre restauratore senese, ma per varie ragioni essa non fu mai realizzata. Nei depositi dell’Opera di Santa Maria del Fiore se ne conservano ancora i bellissimi disegni preparatori.
Infine, l’ottava vetrata, raffigurante il Compianto sul Cristo deposto dalla Croce, fu realizzata nel 1444 su disegno di un altro artista: Andrea del Castagno. Il famoso pittore, che dieci anni dopo avrebbe affrescato nella navata sinistra il titanico monumento equestre a Niccolò da Tolentino, diede forma a una rappresentazione della scena molto chiara - nella disposizione ordinata delle figure intorno alla base della croce – ma anche drammatica negli scorci dei volti disperati e nella posa contorta del corpo morto del Cristo.
Anche se furono quattro le mani che vi lavorarono in tempi diversi, il ciclo delle vetrate è assolutamente omogeneo. Quasi certamente qualche dotto del tempo aveva elaborato fin dal principio un programma iconografico per tutte le vetrate prima che venissero affidate le singole commissioni. Avete notato che la disposizione degli episodi non rispetta l’ordine cronologico del racconto? Anche la scelta degli episodi è particolare e mira a celebrare sia la figura di Maria che quella di Gesù. Probabilmente fu seguita una logica fondata sui significati teologici delle storie e vennero studiate delle corrispondenze particolari nella disposizione delle scene.
Verso est, ad esempio, c’è l’Incoronazione di Maria, in modo tale che lo splendore del sole all’alba incendi di luce l’immagine della Vergine nel momento in cui viene accolta nella gloria del Cielo. Inoltre, questa raffigurazione si trova così in asse con il grande rosone nella controfacciata, dove Ghiberti trent’anni prima aveva raffigurato un soggetto quasi identico: l’Assunzione della Madonna, che si accende al tramonto. In questo modo, le due vetrate celebrative della Madre di Dio aprono e chiudono idealmente il corpo della Cattedrale che le è intitolata.
La Nascita di Cristo, cioè l’inizio della vita di Gesù come uomo (a nord-ovest), speculare alla sua Ascensione (a sud-est), cioè al suo ritorno al Cielo; e uno di fronte all’altro stanno anche gli episodi dell’Orazione dell’Orto (nella parete meridionale) - e della Deposizione dalla Croce (in quella settentrionale), che sono dominati dal tema del dolore e della morte.
Incredibile che vi fosse quest’attenzione ai significati delle opere! Va tenuto presente che solo i sacerdoti che stavano nel recinto del coro vedevano per intero tutto il circolo delle vetrate e che questi avevano la preparazione teologica per notare e capire questi significati.
Agli studiosi odierni spetta il compito di approfondire la lettura delle opere, mentre noi godiamo della bellezza di questi giganteschi tondi iridescenti.