Opera Magazine
27/07/2020
Lo gnomone di Santa Maria del Fiore.
La misura del tempo cosmico nel cuore civile e religioso di Firenze
In quasi tutte le grandi città occidentali sulla cima di edifici centrali per significato e collocazione, si trovano sovente orologi, cioè macchine di misurazione del tempo che mantengono l’”unità temporale” delle comunità urbane che li ospitano: si pensi al Big Ben di Londra, o alla torre di Praga, ma anche alle innumerevoli torri con orologi delle nostre realtà italiane, dalle grandi città ai piccoli paesi.
È questa una tradizione antichissima delle civiltà del Mediterraneo. Si consideri, ad esempio, che anche nell’agorà (la piazza “maggiore”) dell’antica Atene è ancora visibile la marmorea “Torre dei venti”: un edificio ottagonale, progettato da Andronico di Cirro, astronomo e architetto del I sec. a.C., per segnare i punti cardinali, la direzione dei venti e, con l’uso di sapienti meridiane, indicare con precisione l’ora del giorno. In greco essa era chiamata appunto “hōrológion” che significa: “ciò che dice l’ora”.
Segnare il tempo significava non solo scandire la vita della comunità secondo i ritmi cosmici, ma anche ordinare il calendario delle feste religiose che, tanto nell’antichità pagana come poi nella civiltà cristiana, erano fissate in sincrono con le stagioni e le fasi astrali.
Così anche Firenze, città di fondazione romana, e cristiana fin dal IV secolo, volle già nel medioevo avere un centro di misura del suo spazio e del tempo: al principio del XIII secolo, le maestranze di lapicidi dei due maggiori cantieri dell’epoca – il Battistero e la basilica di San Miniato – posero nel pavimento di ciascuno di questi templi ruote zodiacali in intarsio marmoreo, quasi identiche tra loro.
Benché non sia storicamente dimostrabile, gli antichi cronisti ci tramandano di come lo zodiaco pavimentale del Battistero segnasse il solstizio d’estate il 21 giugno, illuminato da un raggio di sole spiovente dalla lanterna; uno strumento progettato, dice la tradizione, dal condottiero e astronomo Strozzo Strozzi. Purtroppo, questo “orologio astronomico”, avrebbe oggi cessato di funzionare perché nel corso dei secoli è stato spostato di posizione il mosaico con la ruota zodiacale. A differenza sua “funziona” il suo “gemello” a San Miniato: la porzione di zodiaco istoriata con il segno del cancro viene perfettamente illuminata da un raggio di luce che penetra nella basilica a mezzogiorno per il solstizio di estate. Ciò lascia supporre che anche in San Giovanni avvenisse lo stesso e che le cronache riportino qualcosa di vero.
Certamente lo credevano gli uomini del XV secolo, quando nell’erigenda Cupola della Cattedrale, concepita su ispirazione proprio del Battistero – a doppia calotta, con lanterna sommitale –, decisero di porre un simile strumento di misurazione solstiziale il cui nome corretto è “gnomone” (dal greco gnṓmōn, “indicatore”); al tempo era il più alto del mondo.
Lo gnomone è un indicatore della posizione del sole costituito da un foro attraverso cui penetra un raggio di luce ben definito (di fatto proietta l’immagine in scala dell’astro maggiore, come in una macchina fotografica attraverso l’otturatore dell’obbiettivo, o la lente di un moderno proiettore video). Il foro gnomico della Cattedrale è in bronzo (è detto pertanto “bronzina”) ed ha un diametro grande circa 1/1000 della sua altezza dal suolo, il che permette una proiezione nitida sul pavimento del disco solare. La bronzina è collocata a 90 metri di altezza, nella finestra meridionale del Lanterna della Cupola e i raggi solari la penetrano dalla fine di maggio ai primi di luglio, andando a colpire il pavimento della Cappella della Croce, a nord, dove si trovano una linea meridiana graduata e due “contrassegni circolari”, ossia due dischi marmorei sovrapposti, di cui il maggiore ha un diametro di 90 centimetri, coincidente con l’immagine solare lì proiettata a mezzogiorno esatto del giorno del solstizio.
Il progettista di questa macchina astronomica fu uno dei grandi geni del Rinascimento fiorentino: Paolo dal Pozzo Toscanelli (Firenze, 21 aprile 1397 – Pisa, 10 maggio 1482), matematico, cartografo e astronomo. Lo gnomone entrò in funzione tra il 1468 e il 1475, quando la lanterna della cupola era appena stata ultimata. È profondo il rapporto tra il Toscanelli e la grande architettura della Cupola che ospita il suo strumento: fu lui, dice Vasari, a istruire Brunelleschi in matematica, e fu probabilmente con il suo supporto scientifico che il grande architetto concepì la sua straordinaria architettura. E d’altronde la Cupola della Cattedrale è un’architettura “cosmica”, che s’ispira alla volta del cielo; quale luogo migliore dunque per porre uno strumento di misurazione astrale del tempo?
Non si dimentichi poi che lo stesso Brunelleschi era affascinato dal calcolo del tempo: i suoi biografi ci raccontano della sua passione per la costruzione degli orologi e a lui appartiene il progetto del meccanismo di quello del Palazzo dei Vicari di Scarperia (Firenze). Nella stessa controfacciata della Cattedrale di Firenze poi, il meccanismo originario del grande orologio in controfacciata che segna l’ora italica di ventiquattro ore, e il cui quadrante fu affrescato da Paolo Uccello, fu realizzato intorno alla metà del XV secolo, quando Toscanelli era ancora in vita e anche Brunelleschi.
Ma quello del Toscanelli è uno strumento più complesso che non calcola l’ora del giorno, esso guarda a misure più grandi, astrali.
Lo scopo dello gnomone era infatti quello di individuare con precisione la data astronomica del solstizio e quindi determinare con accuratezza la durata dell’anno solare. Il fine di questo calcolo era importantissimo: mantenere una coincidenza tra calendario liturgico e civile e realtà astronomica, onde evitare discordanze, come di fatto stava avvenendo all’epoca a causa degli errori del calendario allora in uso, che era ancora quello elaborato ai tempi dell’antica Roma.
Inoltre, lo gnomone di Toscanelli, per essere così alto, rispondeva forse a un fine ancora più ambizioso: determinare l’”eclittica”, ossia verificare se l’inclinazione dell’asse terrestre si mantenga costante; una questione già dibattuta dagli astronomi arabi e che negli anni di Toscanelli aveva ritrovato interesse anche in Europa.
Nei decenni successivi lo gnomone cadde parzialmente nell’oblio, e protagonisti del calcolo del tempo astronomico lavorarono altrove in città: il domenicano Ignazio Danti (Perugia, aprile 1536 – Alatri, 19 ottobre 1586), pensò di compiere misurazioni sulla durata dell’anno solare avviando la costruzione di uno gnomone in Santa Maria Novella (insieme alla sua celebre “sfera armillare” posta in controfacciata, che segna gli equinozi) e i suoi studi a Roma porteranno alla riforma del calendario attuale, detto “gregoriano”, dal nome di papa Gregorio XV che lo pose in essere; mentre le osservazioni di Galileo Galilei (Pisa, 15 febbraio 1564 – Arcetri, 8 gennaio 1642) si svolsero prevalentemente ad Arcetri con l’uso del suo celebre telescopio.
Si devono aspettare quasi tre secoli dalla morte del Toscanelli per tornare a parlare del suo gnomone e precisamente il 1754, quando il grande astronomo, ingegnere e geografo gesuita Leonardo Ximenes (Trapani, 27 dicembre 1716 – Firenze, 4 maggio 1786), ottenne finanziamenti per un suo progetto di ricerca - nuovamente - sul problema dell’”eclittica”, per il quale stabilì di servirsi dell’antico gnomone della Cattedrale. Compì perciò i primi studi archivistici su questo strumento e lo perfezionò, correggendone i minimi errori geometrici di disegno e collocazione che gli conferirono la forma attuale, e vi svolse diverse misurazioni tra 1755 e il 1782.
Sventuratamente, durante i lavori di restauro alla lanterna del 1859 la “bronzina” venne smontata e lo gnomone “si spense”. Se ne accorse nel 1864 Giovan Battista Donati (Pisa, 16 dicembre 1826 – Firenze, 20 settembre 1873), direttore della Specola, che vi avrebbe voluto compiere nuove misurazioni. L’anello di bronzo venne ritrovato l’anno seguente nei depositi dell’Opera e fu rimontato nel 1865, sebbene a un’altezza appena maggiore.
Da questo momento, l’antico strumento di Toscanelli/Ximenes perse la sua funzione per gli studi astronomici, superato nel frattempo da più sofisticati telescopi, ma mantenne per alcuni decenni la sua validità nel controllo della stabilità della Cupola stessa.
Da alcuni anni infine, il miracolo del “sole in Cattedrale” è un evento aperto alla cittadinanza che richiama moltissimi appassionati astrofili e non solo: non si può non rimanere incantati dall’apparire dell’immagine del sole nello spazio sacro concepito da Brunelleschi, e del suo correre rapido e perfetto lungo la meridiana graduata fino a sovrapporsi esattamente al disco marmoreo nel momento preciso del “mezzogiorno fiorentino”. Chi vi assiste sa di trovarsi per un istante al centro del tempo e dello spazio della città, nonché nel cuore della grande storia di Firenze, fatta di genio e di bellezza.