Opera Magazine
06/10/2021
Un marmo ellenistico per il Cristo morto di Michelangelo
Allo scadere del 2018 l’Opera di Santa Maria del Fiore decise di metter mano al restauro della Pietà di Michelangelo. Risoluzione subito confortata dalla Fondazione americana dei ‘Friends of Florence’, che si offrì di sostenerne l’onere.
Allo scadere del 2018 l’Opera di Santa Maria del Fiore decise di metter mano al restauro della Pietà di Michelangelo. Risoluzione subito confortata dalla Fondazione americana dei ‘Friends of Florence’, che si offrì di sostenerne l’onere. Il restauro, sensibile e discreto, ha prodotto acquisizioni nuove e nuova materia per riflessioni ulteriori anche su questioni ardue; qual è, per esempio, quella posta dalla disposizione delle figure o dall’attitudine delle loro membra. L’immagine della Pietà che il restauro restituisce non è più quella d’un marmo reso cromaticamente uniforme da vecchie stesure di materiali incongrui, vòlte giustappunto a rendere omogeneo il gruppo marmoreo, a dispetto della difformità d’un trattamento pervenuto a gradi diversi di lavorazione: dall’appena sbozzato al quasi finito. E le zone più compiute emergono ora con perspicua chiarezza, consentendo più fondate congetture. È il caso, per esempio, del corpo esanime di Cristo, che, idealmente ritagliato nei suoi contorni, attesta l’appassionato persistere dell’interesse di Michelangelo nei riguardi della scultura di gusto ellenistico. Lui, che nel Tondo Doni, dipinto a Firenze agli esordi del Cinquecento quand’era sui trent’anni, era ricorso a celebrati marmi dell’ellenismo (dall’Apollo del Belvedere, al Laocoonte, al Torso del Belvedere e ad altri ancora), pervenuto alla metà del secolo (quando di anni ne aveva una settantina), séguita nel suo volgersi a modelli segnati da un patetismo prolungato. Lo fa giustappunto nel corpo di Cristo della nostra Pietà, prendendo spunto da un mutilo busto ellenistico – il Torso Gaddi – ch’era stato molto studiato, copiato e più volte evocato dagli artisti fiorentini, già nel Quattrocento; a principiare da Ghiberti, che lo aveva citato nel nudo d’Isacco della formella presentata da Lorenzo al concorso del 1401 per l’assegnazione dell’incarico della Porta nord del Battistero fiorentino.
Antonio Natali