Opera Magazine
16/09/2024
Racconti di Facciata
Dalla distruzione del progetto medievale di Arnolfo alle proposte avanzate tra Cinquecento e Seicento
Vi abbiamo parlato a lungo dell'antica facciata medievale del Duomo smantellata nel 1587 così come delle vicende legate alla costruzione della facciata attuale, realizzata nell'Ottocento sotto la guida dell'architetto Emilio De Fabris. Tuttavia, poco spazio abbiamo dedicato al racconto di quel lungo periodo intermedio, durato tre secoli, durante il quale si susseguirono numerose proposte, mai realizzate, da parte di alcuni tra i più notevoli architetti del Cinque e Seicento.
In effetti, lo smantellamento dell’antica facciata di Arnolfo inaugurò un nuovo episodio della storia della cattedrale; dotare la facciata di Santa Maria del Fiore di una nuova veste, aggiornata al gusto del tempo, fu un’operazione difficile, conclusa soltanto nel 1887 e con non poche difficoltà. Dopo la costruzione del grande coro (1547-72) e la realizzazione degli oltre 3600 mq di superficie dipinta per l’interno della cupola (1572-79), una nuova facciata, sarebbe diventata il culmine dell’importante stagione di affermazione del potere granducale mediceo per portarlo al livello delle grandi corti europee.
Purtroppo, alla distruzione della facciata medievale di Arnolfo di Cambio non fece seguito alcuna ricostruzione e tra la fine del Cinquecento e lungo tutto il Seicento furono avanzate molte proposte, ma nessuna di queste trovò seguito. Nel secondo piano del nostro museo sono conservati ed esposti 7 splendidi modelli lignei che illustrano questa travagliata storia.
Il primo progetto moderno fu quello di Buontalenti (1587-89), il quale fu incaricato della nuova facciata da Francesco I, in stile cosiddetto "manierista" fiorentino. Il modello, in legno intagliato e dipinto, ha un effetto molto scenografico, ma nel complesso appare un esercizio di stile, raffinato e quasi fine a sé stesso, poco interessato a raccordarsi con l’architettura preesistente del resto del Duomo. Tuttavia, essa riecheggia la tradizione medievale nell’utilizzo della bicromia di marmi bianchi e verdi, come appare dalla colorazione di alcune parti del modello.
Di Buontalenti si conserva anche un secondo progetto più tardo (1596), dove l’architetto prova a armonizzarsi allo stile del Battistero con l’inclusione di tre fornici altissime, in corrispondenza dei tre ingressi, che oltre a ricordare i grandi archi trionfali romani, riprendono il livello decorativo basamentale dell’esterno del Battistero.
Purtroppo, Francesco I morì e il suo successore, Ferdinando I, incaricò l’architetto toscano formato a Roma, Giovanni Dosio, di fare un’altra proposta (1580-90), più aggiornata sullo stile romano austero e di ordine gigante. Dosio, che nel 1582 aveva ammodernato la facciata medievale dell'episcopio, avrebbe conferito col suo progetto unitarietà alla Piazza.
Sempre del Cinquecento si conserva un progetto di Giambologna (1586-89), che in linea con quello di Dosio, avrebbe cercato di legare la nuova facciata alle preesistenze medioevali. Segue quello attribuito all’architetto dilettante, Don Giovanni de’ Medici (1580-90), a due ordini come quello di Dosio, e con motivi decorativi quali cartelle e festoni pendenti.
Nessuna di queste proposte fu accettata e neppure quelle avanzate nel Seicento: pensiamo al modello preparato nel 1635 dall'Accademia delle Arti del Disegno per Ferdinando II, o quello ormai in stile barrocco di Gherardo Silvani (1635), l’unico che include una rappresentazione sommaria della controfacciata del Duomo con una mostra di orologio diversa da quella affrescata da Paolo Uccello nel 1443.
Alla fine del Seicento, il granduca Cosimo III, dotò la cattedrale di una facciata in occasione del matrimonio del figlio Ferdinando con Violante di Baviera (1689), ma non si trattò di una fronte architettonica bensì di un colossale dipinto murale, le cui tracce saranno ancora leggibili nelle prime fotografie del Duomo, degli anni ‘50 dell’Ottocento. Questa fronte realizzata da Ercole Graziani, e tramandata dalle xilografie di Bernardo Sansone Sgrilli (1733), la vedete riprodotta nella parete di fondo della Galleria dei Modelli del Museo.