Opera Magazine
13/01/2021
Il diamante, la croce e la Granduchessa Medici
Il reliquiario cruciforme contenente le importanti reliquie della Vera Croce e il "diamante fiorentino"
Nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze esiste una sala unica nel suo genere: è una vera cappella, di forma ottagonale, dotata di altare perché consacrata e dentro la quale è perciò possibile esporre una parte dei più belli degli antichi reliquiari della Cattedrale e del Battistero. Tra di essi, nella nicchia a destra della mensa si ammira la maestosa “Croce della Granduchessa”.
Maestranze bizantine, C. Merlini e B. Holzmann, Croce reliquiario “della Granduchessa”, secc. XI, XVII e XVIII, Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
Si tratta di un reliquiario cruciforme contenente le importanti reliquie della Vera Croce e della Passione di Cristo (alcune delle quali di origine bizantina); lo si dovrebbe perciò più correttamente chiamare “stauroteca” (dal greco: “stauròs”, cioè croce, e “theke”, che significa raccolta, collezione). L’importanza delle reliquie che esso contiene giustificano la ricchezza e lo splendore del loro prezioso contenitore realizzato in diverse epoche dai migliori orefici fiorentini: è un’imponente croce alta 130 centimetri per 74 di larghezza, ma il suo aspetto è leggero, luminoso e aereo. Il corpo è infatti strutturato su una cornice polilobata in lamina d’oro, percorsa da sottili decori in smalto, intervallata lungo i bordi da gemme di forma ovale e che racchiude nei bracci e nei terminali le diverse reliquie, visibili attraverso cristalli di rocca.
Maestranze bizantine e C. Merlini, Croce reliquiario “della Granduchessa”, dettaglio della parte centrale. Secc. XI e XVII, Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
All’incrocio dei bracci è custodita la reliquia più nobile, quella del legno della Vera Croce, e intorno è una cornice in forma di corona di spine ornata da perle e da granati. Sulla sommità risplende un grande topazio d’India tagliato a mandorla, che riproduce il più importante gioiello del tesoro mediceo, certamente il più straordinario di tutte le collezioni fiorentine e tra i più grandi del mondo: l’enorme diamante giallo, noto in tutta Europa col nome di “Diamante fiorentino”. Questa pietra preziosissima di 137 carati, era tagliata a doppia rosetta a nove lati con 126 facce per un peso di circa 27 grammi. Come diremo questa pietra preziosa scomparve all’inizio del Novecento e perciò il topazio che lo riproduce è l’unica testimonianza visiva che possediamo di questa assoluta meraviglia.
C. Merlini, Croce reliquiario “della Granduchessa”, dettaglio del topazio sommitale. Sec. XVII, Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
La provenienza del diamante è misteriosa: esso appare con certezza storica nel documento di acquisto datato 12 ottobre 1601 da parte di Ferdinando I dei Medici, Granduca di Toscana, dalla famiglia portoghese dei Castro-Noranha, per circa 35.000 scudi crociati portoghesi (questi l’avevano depositato presso i gesuiti di Roma). La contrattazione avvenne per tramite del letterato ed esperto di pietre preziose fiorentino Orazio Rucellai. Il diario di corte del tempo comprova come il diamante si presentasse all’acquisto ancora grezzo. Fu l’erede di Ferdinando, Cosimo II a farlo intagliare nel 1615 da Pompeo Studentoli, un artista veneziano che lavorava nelle botteghe granducali toscane. La grande pietra fu montata su un pendente, in oro serpentinato tempestato di altri diamanti minori, e fu dato in dono alla granduchessa Maria Maddalena d’Austria, che lo esibì in molti suoi ritratti (e che commissionò anche la stauroteca). Da un cronista del 1657 sappiamo che al tempo il gioiello era ancora nel tesoro dei Medici e che era il secondo più grande d’Europa.
All’estinzione della dinastia dei Medici, Anna Maria de Medici passò il gioiello all'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo (1717-1780).
Dalla metà del XVIII secolo il diamante fu incastonato nella corona asburgica e lì rimase fino al crollo
dell'Impero Austro-Ungarico nel 1918. Il diamante seguì la famiglia imperiale nel suo esilio in Svizzera e poi… svanì! Secondo alcuni fu rivenduto in segreto e tagliato in frammenti più piccoli, per altri fu celato in qualche collezione.
Rimane la speranza di ritrovarlo o di conoscerne il destino…