Opera Magazine
11/08/2017
L'11 agosto 1446 Michelozzo avviava la costruzione della lanterna della Cupola
Storia e curiosità di uno dei capolavori postumi di Brunelleschi, avviato e realizzato da Michelozzo: la lanterna della Cupola. Ecco perché è un capolavoro di ingegneria ed architettura.
Il 15 aprile del 1446 moriva Filippo Brunelleschi. Il geniale architetto, responsabile dei maggiori cantieri fiorentini del XV secolo, non poté vedere il completamento di molti di questi: San Lorenzo, Santo Spirito, la rotonda di Santa Maria Angeli e, soprattutto, il suo capolavoro: la lanterna di Santa Maria del Fiore.
L’imponente volta muraria della cupola era stata infatti chiusa nell’agosto del 1436 all’altezza del grande oculo di circa 6 metri di diametro, un anello verso cui convergevano gli otto grandi costoloni: rimaneva così da costruire la lanterna marmorea.
Appena quattro mesi dopo la morte di Filippo, e cioè l’11 agosto del 1446, sarà allora uno dei suoi discepoli in architettura, Michelozzo, a ereditarne la carica di capomastro dell’Opera con il compito di realizzare questa parte terminale dell’imponente edificio.
Eppure l’incarico a Michelozzo non spettò per semplice “passaggio di testimone”; come di norma infatti, l’Opera bandì un concorso per la realizzazione della lanterna. Vasari ci dice che furono moltissimi gli artisti che risposero all’appello, e tra questi gli archivi ricordano i nomi di Brunelleschi, Ghiberti, Antonio Manetti, Bruno di Ser Lapo Mazzei e Domenico Stagniaio. Si deduce dalle stesse fonti che Brunelleschi, di carattere notoriamente orgoglioso, non prese a cuor leggero questa scelta dell’Opera di bandire un concorso, col rischio che fosse affidato il completamento del suo capolavoro ad altri, giacché lui stesso, nel 1432 - dice Vasari – “Fece anco di sua mano un modello della lanterna, a otto facce, misurato alla proporzione della cupola, che nel vero, per invenzione e varietà et ornato, riuscì molto bello”.
Il modello in legno della lanterna esposto al Museo dell'Opera del Duomo.
E benché Filippo ne risultasse poi vincitore – continua Vasari – “già abbattuto l’invidia e l’arroganza di molti, non poté però tenere, nella veduta di questo modello, che tutti i maestri che erano in Fiorenza non si mettessero a farne in diversi modi”. A dispetto delle critiche e delle alternative proposte, però, la lanterna di Brunelleschi, dicono le fonti, aveva “melior forma”, ovvero era al tempo stesso maggiormente salda e leggera, più luminosa, e il grande invaso cupoliforme previsto l’avrebbe difesa dall’azione erosiva delle piogge. Non si è certi che il modello brunelleschiano per la lanterna sia lo stesso oggi conservato nel Museo dell’Opera, ma a quello dovettero attenersi gli architetti che gli succedettero nella direzione del cantiere: Michelozzo (1446), il Manetti (1452), Bernardo Rossellino (1462), e infine Tommaso Secchielli (1464).
Tanta preoccupazione è spiegata dal fatto che l’elemento della lanterna non ha solo funzione di completamento decorativo della cupola, ma è parte integrante della sua complessa e organica struttura, come ancora spiega Vasari per bocca di Brunelleschi: “E però mi risolvo girar di dentro questa volta a spicchi come stanno le facce e darle la misura et il sesto del quarto acuto: perciò che questo è un sesto che girato sempre pigne allo in su, e caricatolo con la lanterna, l’uno con l’altro la farà durabile”. Quindi la lanterna, con le sue 750 tonnellate di marmo bianco, agiva controbilanciando le forze di spinta verso l’alto esercitate dai grandi costoloni.
Le variazioni al modello da parte di Michelozzo e dei suoi successori furono quindi marginali, limitate ai dettagli decorativi, che notoriamente Brunelleschi tralasciava di descrivere in fase progettuale: si mutò certamente il disegno degli archetti sopra le semicolonne (furono rialzati), dei capitelli delle paraste angolari e delle modanature degli architravi dei passaggi al di sotto degli speroni e dei catini a conchiglia.
Michelozzo d’altronde, “che dopo il Brunellesco fu tenuto il più ordinato architettore de’ tempi suoi”, benché discepolo ed erede ideale di Filippo, aveva già avuto occasione di lavorare al completamento o al rinnovamento di architetture preesistenti, al servizio del suo amico e protettore Cosimo il Vecchio, nei conventi di San Marco, di Bosco ai Frati e in molte ville medicee. Aveva già “sostituito” Brunelleschi per il progetto di Palazzo Medici in via Larga, immaginandolo in forme monumentali e armoniosamente classiche ma al tempo stesso sobrie, dove Filippo aveva previsto un edificio eccessivamente grande e sfarzoso.
Certamente, la scelta di eleggere Michelozzo a capocantiere dell’Opera dovette in parte dipendere dalla sua esperienza maturata a fianco di Ghiberti e Donatello, e tra i primi incarichi assunti dopo la sua elezione, ci fu quello, delicatissimo, di effettuare una serie di sopralluoghi a Carrara tra la tarda estate del 1451 e la primavera dell’anno successivo, per la scelta dei marmi necessari alla realizzazione dei pilastri della lanterna, degli sproni radiali e per elaborare il metodo di confezionamento dei singoli pezzi estratti.
Curiosità a margine. Nel complesso degli edifici di proprietà dell’Opera esiste un’altra decorazione attribuita a Michelozzo: l’ingresso dell’attuale Centro Arte e Cultura è sormontato da una statua del Battista fanciullo, che poggia su un timpano marmoreo a volute, così simile nel materiale e nel disegno alla lanterna.