Opera Magazine
19/05/2017
A tu per tu con Giuseppe Rosini, il creatore dei ceri-scultura
Perché dovresti conoscere Giuseppe Rosini e i suoi ceri-scultura: un unicum nel panorama globale, un lavoro legato a cultura, storia, ingegno e manualità. Per portare la luce dove questa ha ancora un significato profondo.
Pochi giorni fa abbiamo incontrato Giuseppe Rosini, l’artista fiorentino creatore dei ceri-scultura che tuttora potete vedere nella Cattedrale di S. Maria del Fiore e in Battistero. Un outsider, che - passo dopo passo ed esperimento dopo esperimento - si è creato un mestiere inedito seguendo la propria passione, straordinariamente legato all’essenza storico-culturale di Firenze.
Parlando con Giuseppe Rosini l'aspetto forse più sorprendente è quello che riguarda il suo stile raffinato ed essenziale, legato anche all’infanzia e a due diverse quanto indirette influenze: il Lego, il gioco con cui è cresciuto come moltissimi altri ragazzi nati negli anni ‘70 e ‘80; e il minimalismo di quei mobili tipici degli arredamenti anni ‘70, con cui è stato a stretto contatto in ambiente casalingo.
Detto della passione nata nell'infanzia, come sei arrivato a lavorare per le creazioni in Cattedrale?
"Partendo dalla prima installazione fatta in Palazzo Vecchio, dove le lampade-scultura con il giglio di Firenze vennero fotografate da molte persone anche nei giorni successivi all’evento, al lavoro in Duomo per l'Opera di S. Maria del Fiore e il Capitolo: per me è stato un vero e proprio salto spazio-tempo perché all'interno della Cattedrale persistevano le vecchie lampade ad olio. Il mio lavoro viene impostato concettualmente per la parte tecnica, con il reperimento di informazioni storiche e culturali, a cui seguono le varie prove creative. Perché, oltre alla creazione di qualcosa che sia bello ed armonico con il contesto, l'obiettivo finale è che l'oggetto duri il più possibile e sia potenzialmente utilizzabile da altre persone. Stilata la parte tecnica, c’è così da unire il lato estetico, che si configura come un'operazione inedita proprio perché scolpito nella cera."
"L’idea di base in Duomo è stata quella di lavorare su luce e controluce per un effetto “al contrario”: ovvero non far notare l’oggetto."
Giuseppe ha così ripreso, tra più influenze, le tarsie marmoree della Cattedrale come modello per gli elementi decorativi dei suoi ceri-scultura. E, una volta studiato il pavimento del Duomo, ha deciso di recuperare alcuni dettagli per riproporli sui ceri-scultura: "Quest'ultimi non si devono consumare con la fiamma, ma avere un'illuminazione interna: alla ricerca di un punto di contatto tra mondo “interno” ed “esterno”, e tra passato, presente e futuro."
In funzione di una visione più ampia, che sia adatta alle funzioni preposte e al luogo di riferimento ma che, allo stesso tempo, sia qualcosa di artistico e moderno.
Come avviene il processo di creazione di prodotti così particolari?
"Dalla prospettiva di chi crea è un lavoro del tutto induttivo, che passa inevitabilmente attraverso la pratica e gli esperimenti; dal punto di vista autobiografico, invece, convive un lato personale umanistico, dato dai tempi in cui frequentavo il Liceo Galileo e dalla visione della Lanterna della Cupola dalla finestra di classe: un qualcosa che mi è sempre appartenuto. Agisco sempre con curiosità, attraverso tentativi, cercando di arrivare a creare l'oggetto per come me lo sono immaginato, passando così da moltissimi step."
Qual è la motivazione di un lavoro che si pone al centro di luoghi così importanti come i monumenti di Piazza del Duomo?
"Luce sacra e insieme scultura con elettricità: questo è quello che voglio fare anche in futuro, il mio obiettivo principale. Il concetto-base è quello di Piazza del Duomo come un unico insieme legato da un significato fondante e profondo; mentre spesso il Duomo non viene pensato come struttura unitaria, ma solo come un bellissimo contenitore. Pensare a chi entrava in questo luogo operando per la sua costruzione (Michelangelo, Donatello) e pensare di entrare a far parte di quest'antico processo - anche solo con una piccola cosa come i miei ceri - è la motivazione più grande che possa avere.
Nel mio caso si tratta solo di cercare l’armonia tra quello che è stato fatto e quello che verrà fatto. Questo è il compito dell’artista. Inoltre, facendo questo lavoro sono convinto che puoi fare cultura. Con queste creazioni e questo metodo, cercando di percepire ciò che c’è intorno e trasmettendo un senso al tutto, avvicini le persone ad un’eredità culturale condivisa."
Hai conosciuto qualcuno che si dedica alla tua stessa attività con un materiale come la cera?
"Nessuno al di fuori di questo studio-laboratorio svolge un lavoro assimilabile a questo, proprio per la natura del lavoro stesso, che è scultura e non decorazione. Comporta saper lavorare con le criticità della cera - soprattutto il suo "ritiro" - per creare un semi-lavorato su misura. Gran parte del mio lavoro, purtroppo, se ne va per fare ciò che poi vado ad intagliare. Ottenere oggetti di cera perfettamente lavorati, senza bolle, è la parte più lunga e complicata del lavoro."
E come un antico scultore Giuseppe si è pure creato il suo personalissimo laboratorio, tra frese, fornelli, paraffine, maschere, scalpelli, mazzuoli, enormi tubi in plastica e imbuti appesi agli scaffali. Un piccolo laboratorio di meraviglia ed ingegno artigiano.
Domanda di rito in chiusura: qual è il tuo sogno per il futuro?
"In futuro mi piacerebbe poter portare avanti questo lavoro e coinvolgere altre persone che vogliano occuparsi, e abbiano voglia di farlo, di tutti i risvolti di questa attività. Dalla creazione dei concetti di arredo alle sperimentazioni sui vari materiali. Il mio sogno, però, sarebbe aprire una piccola bottega in centro storico, magari in contatto diretto con Piazza Duomo, dove poter lavorare e far conoscere direttamente le creazioni che poi prendono forma entrando a far parte del contesto storico e culturale della città."
Una visione che abbraccia cultura, storia, ingegno e manualità. Ma questo, forse, lo avevamo già intuito.