Opera Magazine
08/02/2017
Estasi e rabbia. La Pietà Bandini, il capolavoro tormentato di Michelangelo
Storia dietro la genesi di un capolavoro insolito: raptus rabbiosi, insoddisfazione, testimoni eccellenti e dettagli nascosti da conoscere della Pietà Bandini di Michelangelo.
Si racconta che, assalito da un raptus di insoddisfazione e rabbia, Michelangelo Buonarroti prese a martellate la sua stessa creatura: la Pietà Bandini. Il Vasari, testimone e primo biografo dei grandi artisti del tempo, sostiene, inoltre, che lui stesso assistette ad un primo indizio della drammatica fine che avrebbe investito l'opera di lì a qualche mese: invitato da Michelangelo nella propria dimora, una volta arrivato, sorprese l'artista nel tentativo di mascherare la scultura per nasconderla ad occhi esterni.
Non solo: seguendo i racconti del Vasari, Michelangelo scagliò al suolo la lucerna che serviva ad illuminare la sua zona di lavoro, ormai sopraffatto dalla frustrazione per la realizzazione di un'opera mastodontica e portatrice di un latente sentimento di morte. Michelangelo, infatti, non realizzò la Pietà per la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, iniziata alla soglia dei 71 anni, doveva decorare la sua tomba, che lui stesso avrebbe voluto in Santa Maria Maggiore a Roma.
Il passaggio drammatico e decisivo per le sorti dell'opera fu quando dal marmo emerse un’imperfezione: il maestro, sopraffatto dalla frustrazione, la ridusse in pezzi in più punti (ancora oggi i segni sono visibili sul gomito, sul petto, sulla spalla e sulla gamba sinistra di Gesù).
Fu un suo allievo, il Calcagni, a cercare di ripristinarla e ad agire da agente per la sua vendita al Bandini, desideroso di inserirla nella sua villa di Montecavallo. Qui vi rimase ben oltre la morte di Michelangelo (l’avrebbero voluta porre sulla sua tomba in Santa Croce), e solo alla fine del XVII secolo il granduca Cosimo III la acquistò destinandola alle tombe granducali nella cripta di San Lorenzo. Trasferita nuovamente in cattedrale nel XVIII secolo, è stata collocata nel Museo dell’Opera del Duomo soltanto nel 1981.
La scultura, inoltre, nasconde altri particolari da conoscere. Ad esempio, nella figura di Nicodemo Michelangelo immaginò il proprio autoritratto, ben riconoscibile dal dettaglio del naso che gli ruppe in fanciullezza il Torrigiani.
La figura austera, nello sguardo e negli abiti, di Nicodemo/Michelangelo ci ricorda quanto raccontano le fonti dell'epoca riguardo i tratti caratteriali del grande artista e la sua spiritualità, soprattutto in questo periodo di anzianità: religiosissimo, dalla morale integerrima, poco amante della compagnia, severo nei giudizi, austero nello stile di vita; non si cambiava quasi mai abito e stivali, praticava l’astinenza sessuale totale e si nutriva parcamente con pane, acqua e vino, praticando la scultura come un vero esercizio spirituale.