Opera Magazine
02/04/2024
Le vetrate di Santa Maria del Fiore
il libro che illumina la Cattedrale di Firenze
Il silenzio delle mura spoglie del duomo fiorentino viene contrastato dall’insieme delle quarantaquattro vetrate disposte lungo le navate e l’area presbiteriale dell'edificio. Un concerto di luce e colore che vede raffigurati profeti e patriarchi, Cristo, Maria e santi quali Giovanni Battista, Lorenzo, Reparata, Zanobi, Anna, fra tanti altri, che rappresentano le particolarità della Chiesa Fiorentina e la singolarità del culto locale. La luce è simbolo di Dio ed è associata alla fede dei credenti, concepita come "illuminazione”. La luce assume un ruolo centrale nelle cattedrali gotiche europee grazie all'arte vitraria.
Il Duomo di Firenze vanta infatti la maggiore concentrazione di vetrate antiche al sud delle Alpi con capolavori disegnati da alcuni tra i più grandi artisti della Firenze tra Medioevo e Rinascimento. Fortunatamente, il nostro Archivio Storico conserva un’ingente documentazione relativa al progetto, permettendo la ricostruzione di questa importante vicenda creativa e iconografica: Agnolo Gaddi, Lorenzo Ghiberti, Donatello, Paolo Uccello e Andrea del Castagno realizzarono i cartoni preparatori, che furono tradotti sul vetro da almeno venti maestri tra cui Antonio da Pisa, Niccolò di Pietro Tedesco e Leonardo di Simone alla fine del Trecento, succeduti nel Quattrocento da Bernardo di Francesco, Angelo Lippi, Domenico di Piero da Pisa e Guido di Niccolò Guidi.
L’operazione durata in realtà mezzo secolo (dal 1394 al 1444 ca.) è testimone di una stagione unica per l'abbellimento della Cattedrale, costituendo un capitolo a sé stante insieme ad altri programmi iconografici come quello delle sculture dell’antica facciata, tra Trecento e Quattrocento (poi riavviato nell’Ottocento), e quello del coro e delle pitture della Cupola nel Cinquecento. Importante è ricordare che mentre le vetrate venivano realizzate, alcuni artisti autori dei cartoni erano contemporaneamente impegnati nella creazione di importanti opere del Complesso: Ghiberti nelle porte bronzee nord ed est del Battistero (1403-52), Donatello nelle sculture di profeti per il campanile di Giotto (1416-36) e Paolo Uccello nelle importanti pitture ad affresco del monumento funebre a Giovanni Acuto (1436) e dell’orologio della controfacciata (1443).
Nonostante la loro importanza, il valore delle vetrate del Duomo sfugge oggi ai più, forse perché non comprese nella loro unicità e significato oppure perché considerate arredi al servizio della grandiosa architettura e non come elementi autonomi e parlanti all’interno di un programma più grande, ben pensato e configurato, in grado di spiegare con notevole chiarezza il titolo stesso della Cattedrale: “Santa Maria del Fiore”.
Il programma iconografico
Il progetto delle vetrate della terza e della quarta campata delle navate, quello più antico, risale al 1394-1395. Esse furono realizzate su disegno dei cartoni del pittore fiorentino Gaddo Gaddi e vennero eseguite da diversi maestri tra cui Antonio da Pisa e Leonardo di Simone (quest’ultimo lasciò traccia del suo operato firmando uno dei vetri). Il programma prevede la presenza sia di santi che vantano una estesa fortuna devozionale nella Chiesa Universale come Sebastiano, Michele, Paolo, Lucia o Giovanni Battista, sia di altri invece più rari, come Zanobi, Reparata, Eugenio, Crescenzio, Miniato o Anna, popolari a Firenze perché compatroni della Chiesa Fiorentina oppure perchè hanno esercitato la loro intercessione in momenti chiave della storia cittadina: avvenimenti politici, come la cacciata del Duca d’Atene (1343) e battaglie come quella di Cascina (1364) o contro le truppe barbariche di Radagaiso (405/406) hanno legato i nomi di sant’Anna, san Vittore e della martire palestinese Santa Reparata alla città del giglio.
Ma il programma non si ferma qui e nel Quattrocento furono realizzate le vetrate delle tribune, che rappresentano profeti e Antenati di Cristo (secondo il racconto biblico) mentre quelle inferiori nelle cappelle del presbiterio dipingono Apostoli e Santi seguendo i Vangeli e le agiografie della Legenda Aurea di Jacopo da Varazze (1265), costituendo un racconto che va dalla Genesi alla configurazione della Chiesa cristiana. La continuità tra Antico e Nuovo Testamento viene quindi del tutto espressa nelle vetrate della controfacciata, delle cappelle radiali, delle tribune e del tamburo della Cupola in chiave cristologica e mariana: numerose vetrate esaltano la figura di Maria come madre di Cristo, sia nell’area presbiteriale (pensiamo ai temi centrali delle vite di Gesù e della Madonna narrati negli occhi del tamburo della cupola da Ghiberti - principale autore delle vetrate della Cattedrale -, Donatello, Paolo Uccello e Andrea del Castagno, ai quali abbiamo già dedicato un approfondimento specifico), che ancor prima nel grande rosone dell’Assunzione in controfacciata, la prima del ciclo quattrocentesco (1404-1405). La Madonna, oltre a essere madre e immagine della Chiesa universale, è anche titolare della Cattedrale di “Santa Maria del Fiore”: il Cristo è il fiore di Maria sbocciato nel suo ventre e germoglio estremo dell’Albero di Jesse.
E la figura di Maria sarebbe dovuta essere iconograficamente dominante: il progetto originale ambiva a dotare di storie anche le vetrate circolari della navata centrale con un ciclo, mai realizzato, sulla vita della Madonna, che trovava compimento nella già menzionata Assunzione di Ghiberti in controfacciata. In questo modo le vetrate sarebbero diventate cinquantatrè. Tuttavia, il progetto non fu mai realizzato e quegli oculi sono rimasti sprovvisti di decorazioni.
Nel 1828 un fulmine distrusse la vetrata disegnata da Paolo Uccello con l’Annunciazione, posta su uno degli otto occhi del tamburo. L’artista Ulisse Forni preparò il cartone per una vetrata sostitutiva mai eseguita passando così da quarantacinque a un totale di quarantaquattro vetrate. Sempre nell’Ottocento, in occasione dei restauri eseguiti dall’architetto Baccani, furono dipinte a tempera su stagnola le finte finestre delle due prime campate, reiterando la figura di alcuni santi presenti nelle vetrate più antiche. Il motivo per cui furono accecati con muratura i vani di quest’area si deve al cambio di progetto architettonico da quello di Arnolfo di Cambio a quello di Francesco Talenti, che prevedeva la presenza di un minor numero di finestre maggiormente distanziate tra loro. Nonostante le varie lacune o gli avvenimenti sfortunati accaduti nel corso dei secoli, il ciclo di vetrate del Duomo di Firenze rimane il più articolato e completo di tutto il centro Italia.
Da decenni l’Opera di Santa Maria del Fiore lavora alla conservazione e al restauro di questi capolavori, permettendone lo studio scientifico e la divulgazione. Si tratta di un’operazione avviata nei secoli scorsi, e che ha visto grandi interventi (con importanti rifacimenti) come quello di Ulisse De Matteis con la vetreria Bruschi a inizi del Novecento e quello della vetreria Tolleri tra il 1946 e il 1957, avvenuto in occasione dello smontaggio delle vetrate durante la seconda guerra mondiale.