Opera Magazine
27/06/2017
Giorgio Vasari e il suo ruolo nel complesso dell'Opera del Duomo
Breve viaggio nella vita di una delle personalità più rappresentative ed eclettiche del Rinascimento: Giorgio Vasari.
Il 27 giugno del 1574 moriva a Firenze una delle personalità più importanti della storia del complesso dell’Opera del Duomo e dell’Arte occidentale: Giorgio Vasari.
Nato ad Arezzo il 30 luglio del 1511, ma di formazione fiorentina, fu personalità dai poliedrici interessi nel campo delle arti: architetto, pittore e scultore, nonché autore delle celebri Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani da Cimabue insino a’ tempi nostri (1568), una raccolta di biografie dei maggiori artisti della modernità, da Cimabue ai suoi contemporanei, che sancisce la nascita della moderna Storia dell’Arte.
Figlio di mercanti di tessuti, Vasari compì la sua prima formazione artistica in patria, poi fu introdotto nella scena culturale fiorentina, dove perfezionò la propria arte a contatto con Andrea del Sarto, Rosso Fiorentino e Baccio Bandinelli. Si legò anche al pittore Francesco Salviati, col quale compì dei fondamentali viaggi di lavoro e studio nei maggiori centri italiani: Venezia, Napoli e Roma. Qui incontrò l’arte monumentale di Michelangelo e Raffaello, che prenderà a modello per la propria.
A Napoli lavorò come pittore, e così a Roma, dove entrò al servizio di Alessandro e papa Paolo III Farnese. In questo periodo, però, continuò a peregrinare per commissioni sia in Lazio che in Toscana: fu l’occasione di raccogliere quelle informazioni che saranno il nucleo dell’archivio biografico di artisti su cui poi costruirà le sue Vite.
Vasari tornerà in patria nel 1550 come cortigiano del Granduca. Leggendo quest'edizione delle Vite emerge l’intento encomiastico del Vasari verso la casata regnante: l’opera traccia in ordine cronologico un progresso delle arti in Italia dalla loro “rinascita” in senso latino, dal XIII secolo, in chiave assolutamente fiorentino e mediceo-centrica. Attribuisce a Cimabue e Giotto il superamento della maniera bizantina e pone i pilastri delle varie fasi di sviluppo dell’arte in Masaccio e poi in Leonardo, Raffaello e Michelangelo, con particolare attenzione a quest’ultimo, artista dalla maniera perfetta. Su queste premesse Vasari fondò l’Accademia delle Arti di Firenze, che fissava i principi di un’arte fiorentina “di stato”: filo-michelangiolesca.
Oltre agli impegni letterari, lasciata la Roma di Giulio III e presa dimora ad Arezzo, per i Medici Vasari divenne artista ufficiale di corte a fianco di importanti intellettuali. Lavorò alla ristrutturazione del Palazzo della Signoria (affreschi parietali e soffitto del Salone dei Cinquecento) e all’aggiunta del palazzo “nuovo”, che con la sua schiera di allievi decorò in ogni sala dei suoi appartamenti con complessi cicli allegorici. Per il secondo granduca, Francesco I, realizzerà la decorazione del famoso Studiolo, capolavoro del “manierismo” toscano.
Come architetto progettò il celebre corridoio, che da lui prende nome, a collegamento del Palazzo vecchio col nuovo a Pitti, quindi avviò i lavori per gli Uffizi, alle ville suburbane medicee e all’ammodernamento delle più importanti basiliche fiorentine: S. Croce, S. Niccolò e S. Maria Novella.
Gioiello conclusivo di questo incarico e della sua vita fu la decorazione della cupola della Cattedrale, su progetto iconografico del Borghini: un gigantesco tribunale apocalittico, con santi, demoni e allegorie divise in settenari, ispirato al più celebre Giudizio Universale della Sistina. Si tratta, per metri quadri, dell’affresco più grande del mondo, e a Vasari furono concessi alcuni spazi in Santa Maria Novella dove poter tenere e lavorare i giganteschi cartoni preparatori.
Siamo nel 1572, Vasari è anziano, e lo immaginiamo nella fatica dello stare piegato sui grandi disegni o salire a decine di metri di altezza per dipingere quest’ultimo capolavoro. Non ne vedrà mai la fine: morirà l’11 giugno 1574 e il compito passerà allo Zuccari. Ma chi oggi ammira la volta della cupola non può non notare la differenza tra i bei Vegliardi dell'Apocalisse del Vasari che, dal sotto, sono visti dominare l’ottagono intorno all’oculo, e le altre figure dello Zuccari, quest’ultime sempre su disegno di Vasari, ma realizzate a secco e con minor precisione nel disegno.
Il suo genio influirà profondamente il corso della Storia dell’Arte; basti pensare al primato che diede al disegno, come quarta arte che sovrintende le tre maggiori; o come sia da lui che è poi nato il termine di “manierismo”, che per Vasari significava lo stile perfetto e insuperabile di Michelangelo scultore; o come le sue Vite sanciscano la prima opera dove la Storia dell’Arte è ordinata per scuole e tempo, senza la quale molto poco sapremmo della nostra arte del passato.
Vasari ebbe anche molti nemici: lo stesso Michelangelo, per il quale provava una vera venerazione, non sembrava ricambiare stima e affetto. A riprova di ciò, si racconta che quando Vasari volle mostrargli i suoi affreschi nel palazzo della Cancelleria a Roma, vantandosi di aver impiegato solo cento giorni per eseguirli, il Buonarroti rispose caustico: “E si vede!”; da cui ancora oggi il nome del luogo: “Sala dei cento giorni".
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