Opera Magazine
26/04/2018
La fuga di Lorenzo: come il Magnifico sfuggì alla congiura dei Pazzi
Uno dei più celebri avvenimenti del Rinascimento, la Congiura dei Pazzi, resta un evento avvolto da misteri e svariate ricostruzioni: come si salvò Lorenzo il Magnifico in quel 26 aprile 1478?
Tra le congiure più celebri della storia, la Congiura dei Pazzi, che vide una delle figure chiave del Rinascimento - Lorenzo de’ Medici - scampare all’attentato ordito ai suoi danni, rimane uno dei passaggi più celebri ed efficaci nel tratteggiare i contorni di un’intera epoca, divisa tra slanci di modernità in campo artistico-culturale così come in quello politico da un lato; e complotti, interessi particolari e lotte per il potere degni di una serie tv fantasy come quelle attualmente di tendenza, dall’altro. E tutt’oggi, a distanza di 540 anni, ricostruire quella celebre “scena del crimine” e il successivo salvataggio del Magnifico non è operazione semplice.
Attenendosi alle fonti dell’epoca, in primis al “Coniurationis Commentarium” scritto da Angelo Poliziano, poeta e sodale del Magnifico, la ricostruzione riguardo i personaggi e gli avvenimenti appare ben delineata. Domenica 26 aprile 1478, all’interno della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, durante la celebrazione della messa, Lorenzo e il fratello minore Giuliano de’ Medici erano attesi dai congiurati della famiglia dei Pazzi e dai loro alleati, tra i quali una serie di figure legate a Papa Sisto IV, come Antonio Maffei e Stefano da Bagnone, oltre al fedelissimo Bernardo di Bandino Baroncelli.
Durante la messa e, secondo questa ricostruzione, più precisamente nell’esatto momento in cui il sacerdote stava alzando l’Ostia consacrata, la congiura prese il via. L’innesco dell’agguato fu proprio il momento del sollevamento dell’Ostia: una scelta dettata dal fatto che gran parte dei presenti, compresi i Medici, avrebbero rivolto la propria attenzione al rituale religioso inginocchiandosi e chinando il capo come da consuetudine, diventando così bersagli facili.
I congiurati, armati di pugnali e spadini, si gettarono su Giuliano de’ Medici - inginocchiato all’altezza dell’antica tribuna attorno all’altare - dove fu ucciso da Francesco dei Pazzi, dopo aver ricevuto una prima pugnalata al torace da Bernardo di Bandino Baroncelli. La scena, nella sua efferatezza, è visibile sulla medaglia in bronzo - conservata al Bargello - realizzata da Bertoldo di Giovanni: uno dei primi esempi di evento trasposto (quasi) in tempo reale in opera d’arte.
La medaglia di Bertoldo di Giovanni e il lato del "Luctus Publicus", dedicato a Giuliano de' Medici.
La stessa medaglia, inoltre, ci offre un’istantanea dell’altra “metà” della congiura: l’attentato alla vita di Lorenzo de’ Medici. Agguato che, come noto, non andò a buon fine. E’ forse questo il passaggio più interessante e dibattuto: la fuga del Magnifico e quelle vicissitudini che, in pochi e concitati minuti, lo portarono alla salvezza decretando poi il fallimento della congiura e la conseguente fine della famiglia dei Pazzi. Dopo essere stato ferito di striscio alla base del collo da Antonio da Volterra con una pugnalata, il Magnifico sfilò il suo pugnale per difendersi, mentre, nella concitazione, riusciva ad allontanarsi di qualche metro.
Se tutte le fonti concordano nell’investire Francesco Nori di un ruolo decisivo e salvifico, frapponendosi davanti alla pugnalata di Bernardo di Bandino Baroncelli indirizzata verso il Magnifico appena entrato in Sagrestia - come visibile nella medaglia di Bertoldo -, allo stesso tempo restano non del tutto chiare le mosse successive al momento della chiusura delle porte della Sagrestia delle Messe, dove Lorenzo riuscì a rifugiarsi insieme ad alcuni sodali, tra cui i paggi Andrea e Lorenzo Cavalcanti, Sigismondo della Stufa e il poeta Angelo Poliziano.
L'altra faccia della medaglia: "Salus Publica" e la fuga di Lorenzo il Magnifico.
I momenti successivi allo sbarramento delle pesanti porte bronzee della sagrestia rimangono quelli più ricchi di ipotesi e congetture (anche fantasiose); quello che pare certo, però, è il percorso di Sigismondo della Stufa, che, una volta all’interno della sagrestia sale la scaletta posta alla sinistra dell’ingresso arrampicandosi fino all’altezza della cantoria, al di sopra dell'organo, per osservare l'evolversi della congiura all'interno della cattedrale.
Da quel punto di vista, nascosto e sopraelevato, Sigismondo riuscì ad osservare la situazione e a capire che il colpo di stato era ormai stato sventato, intimando così di aprire le porte della Sagrestia al gruppo di giovani lealisti, armato di dardi, che stava bussando alla porta, aprendo così la strada alla successiva uscita del Magnifico e alla rapida quanto efferata vittoria dei Medici.
Lorenzo e i suoi fedeli, arrivati in Piazza della Signoria e acclamati dal popolo fiorentino al grido di "Palle! Palle!" (un richiamo allo stemma mediceo), posero fine alla congiura con una serie di violente e sanguinose esecuzioni pubbliche. In particolare, proprio Francesco dei Pazzi fu catturato, linciato sotto una gragnuola di sassi e impiccato dalla folla fiorentina, rimasta leale ai Medici, dopo aver cercato invano di arringare il popolo per ribaltare le sorti della congiura.
La Sagrestia delle messe, uno dei luoghi simbolo della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, fu così teatro di uno dei più celebri eventi della storia.
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