Giovanni di Balduccio (attr.), Crocifisso
- Autore
- Giovanni di Balduccio (attr.)
- Data
- 1300-1349
- Collocazione
- Sala della Maddalena
- Collocazione originaria
- Battistero di San Giovanni
- Materia
- Legno, pigmenti
- Tecnica
- Scultura, pittura
- Dimensioni
- Altezza: 176 cm; Larghezza: 171 cm; Profondità: 45 cm;
- Schede di catalogo
- Crocifisso del Battistero
L’impressionante crocifisso sulla parete di fondo della sala proviene da una antico altare nella parete nord-est del Battistero, dove faceva pendant con quello sulla parete opposta, dov’era posta la Maddalena di Donatello, che ora nella sala gli sta di fronte e a cui lo avvicinano anche l’aspetto di cruento naturalismo nonché la materia e tecnica.
Si tratta di un capolavoro, in legno policromo, attribuito a Giovanni di Balduccio e datato intorno al 1330. Dotato di arti superiori mobili, esso veniva anche utilizzato per pratiche devozionali, staccandolo dalla croce e riponendolo sdraiato con le braccia lungo i fianchi a rappresentarlo deposto. In ragione di questa sua antica doppia funzione rappresentativa la scultura è stata concepita per essere volta al pietismo devozionale e cioè alla commozione del fedele osservante. Questo spiega perché la figura sia ritratta con impressionante oggettività naturale e caricata di estrema sofferenza. Le dimensioni sono al naturale, l’anatomia è nervosa, il colore della pelle è bruno tendente al giallo esangue, la testa è reclinata e connotata dai dettagli impressionanti della bocca semiaperta nell'ultimo spirare e degli occhi, vitrei, ribaltati per il dolore. Il sangue sgorgando dalle mani, dai piedi, dal costato e dalla fronte percorre con naturalezza liquida gli avvallamenti e i gonfiori del corpo. Proprio l'elemento del sangue, unito al pallore della carne, sono richiami al vino e al pane dell'eucaristia, sacramento centrale della fede e della liturgia cattolica. Come la Maddalena penitente si rivolgeva idealmente all’altare maggiore, dove era appunto celebrato il mistero eucaristico. Il collegamento teologico con il sacramento del Battesimo, alla cui amministrazione era destinato il tempio, a partire dal settecento fu reso esplicitato dalla targa posta sopra l’altare che lo includeva (ora nel cortile d’ingresso del Museo), con le parole “In morte Ipsius baptizati sumus”, rirpese da quelle di San Paolo nella Lettera ai Romani (6, 3-4): “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?”