L'Opera di Santa Maria del Fiore
Risale al febbraio del 1296 la prima notizia sugli Operai di Santa Reparata, ufficiali eletti per amministrare i fondi stanziati dal Comune per il grande progetto edilizio della nuova Chiesa Cattedrale di Firenze.
In quella prima fase i sovrintendenti della nascente Opera del Duomo erano selezionati per metà dall'autorità comunale e per metà dal Vescovo, in sintonia con la compartecipazione laica ed ecclesiastica che caratterizzò gli anni iniziali dell'impresa.
Tuttavia, già all'inizio del XIV secolo, l'elemento civico ebbe il sopravvento non solo nel finanziamento, ma anche nella gestione del cantiere, che si cominciò a delegare alle Arti Maggiori della città, in alternanza fra loro, come da lungo tempo l'Arte di Calimala faceva per il Battistero. Finalmente, nel 1331, la Repubblica fiorentina stabilì che la corporazione dell'Arte della Lana assumesse il controllo esclusivo dell'Opera di Santa Maria del Fiore.
I maestri: architetti e scultori nel XIV e XV secolo
Il primo progetto della nuova Cattedrale fu del grande architetto e scultore Arnolfo di Cambio.
La pianta con absidi trilobate, a forma di fiore, rendeva omaggio alla città di "Fiorenza".
Arnolfo e i suoi aiutanti avevano realizzato anche le sculture della facciata che doveva celare alla vista la Cattedrale più antica, Santa Reparata, ancora in funzione durante i lavori.
Rimosse nel 1587, e oggi in gran parte esposte nel Museo dell'Opera del Duomo, le sculture di Arnolfo rendono pienamente conto del percorso artistico del maestro, aggiornato sulle novità gotiche e impegnato nella definizione di un linguaggio plastico nuovo, di matrice classica, dalla forza essenziale e dall'eleganza sobria.
Dopo una lunga stasi dei lavori, seguita alla morte di Arnolfo, nel 1334 il Comune di Firenze affidò la direzione dell'impresa a Giotto, giunto all'apice della sua notorietà. Questi progettò il Campanile e sovrintese alla costruzione del primo ordine con l'aiuto di Andrea Pisano, che dal 1337, dopo la morte del maestro, ebbe l'incarico di proseguire i lavori. Nonostante le alterazioni di Andrea e poi del terzo capomaestro, Francesco Talenti, che portò a termine la costruzione, il Campanile risulta armonioso nell'alleggerimento delle superfici murarie verso l'alto, traforate da bifore e trifore. Il basamento venne decorato con un ciclo di formelle realizzate da Andrea Pisano e dai suoi collaboratori, tra i quali Maso di Banco e Alberto Arnoldi, secondo un programma di carattere enciclopedico che rappresenta la creazione dell'uomo e il suo percorso terreno verso la redenzione, attraverso la Genesi, le Arti Meccaniche e Liberali, le Virtù, i Pianeti, i Sacramenti, sotto la tutela di Profeti e Sibille.
Francesco Talenti si occupò anche della Cattedrale seguendo il definitivo progetto dei "maestri e dipintori", che ampliava il disegno originario, così da conferire all'edificio una vastità di matrice classica senza confronti rispetto agli edifici gotici realizzati al di qua e al di là delle Alpi: solo Filippo Brunelleschi, che dal 1421 fu scelto come provveditore della Cupola, fu in grado di concludere, nella purissima geometria della grande volta, terminata nella sua struttura essenziale nel 1436, lo spazio così ampio della pianta. Secondo un gusto decisamente classico Brunelleschi progettò anche i tempietti semicircolari per l'esterno della Cupola, le "tribune morte", e la lanterna sulla sommità: lavori che furono portati a termine dopo la sua morte, avvenuta nel 1446.
La decorazione scultorea del '400
La facciata del Duomo, le sue quattro porte laterali e il campanile costituirono tra XIII e XV secolo un vero e proprio museo all'aperto della scultura fiorentina, nonché una sfida per gli artisti a ricercare nuove, personali soluzioni.
Il percorso di Donatello è legato in gran parte proprio alla sua attività per l'Opera di Santa Maria del Fiore, che lo impegnò dai suoi esordi.
Attraverso il “Profetino” per la Porta della Mandorla, poi il David in marmo (destinato a un contrafforte della Cupola e oggi conservato nel Museo del Bargello), infine il San Giovanni Evangelista per la facciata, Donatello stabilì i capisaldi della propria poetica e pose le basi della scultura rinascimentale.
Con la serie dei cinque Profeti e l'Abramo per il campanile, eseguiti a partire degli anni Venti e Trenta del Quattrocento, e con la Cantoria terminata nel 1439, propose la sua personalissima interpretazione dell'arte classica, sconvolta da una forza interiore che anima volti, panneggi, gesti, capigliature, esempio di libertà espressiva unita al rigore formale.
Lasciò infine un esempio della sua potenza creativa finale nella tardissima Maria Maddalena del 1453, una figura drammatica animata da un'energia puramente spirituale, ormai priva di qualsiasi traccia di idealizzazione classica, destinata al Battistero e conservata oggi nel Museo dell'Opera del Duomo.
Negli stessi anni altri grandissimi scultori fiorentini ebbero incarichi importanti. Nell'interno del Duomo, sopra le porte delle Sagrestie, al ritmo sfrenato della Cantoria di Donatello si contrapponeva la misura pacata della Cantoria, coeva, di Luca della Robbia, oggi entrambe nel Museo dell'Opera. Negli anni Quaranta Luca eseguì anche le due lunette in terracotta invetriata che coronano le porte delle Sagrestie e, durante gli anni Settanta, i rilievi dei battenti bronzei. In anni precedenti lo stesso maestro aveva completato il ciclo di formelle per il Campanile iniziato da Andrea Pisano.
Il Battistero di San Giovanni e la Cattedrale di Santa Maria del Fiore, che insieme costituiscono il centro religioso di Firenze, furono anche il luogo privilegiato dell'attività di Lorenzo Ghiberti, che dopo il famoso concorso vinto nel 1401 per una delle porte del Battistero (l'attuale porta nord), ebbe anche la commissione per la porta est, definita da Michelangelo "Porta del Paradiso", terminata nel 1452: le formelle bronzee che foderavano i battenti, oggi sostituite da copie e conservate nel Museo dell'Opera del Duomo, testimoniano l'eloquio elegantissimo del maestro, aggiornato sulle novità rinascimentali della rappresentazione dello spazio, ma convinto della validità espressiva di ritmi e cadenze gotiche. I medesimi caratteri plasmano i rilievi della cassa bronzea per le spoglie di San Zanobi, ultimata dal Ghiberti nel 1442.
Tra i maestri più noti è anche Nanni di Banco che, dopo i rilievi della Porta della Mandorla (lato nord del Duomo) nell'ultimo decennio del Trecento, aveva scolpito nel 1421 il San Luca per la facciata. La fabbrica di Santa Maria del Fiore offrì occasioni importanti anche a una schiera di scultori meno conosciuti ma di levatura alta, come Niccolò Lamberti, il Ciuffagni, Nanni di Bartolo e Andrea di Lazzaro Cavalcanti detto il Buggiano, autore dei due bellissimi lavabi delle sacrestie, pensati probabilmente insieme al padre adottivo, Filippo Brunelleschi.
La decorazione dell'interno nei secoli XIV e XV
A partire dalla fine del Trecento, l'Opera di Santa Maria del Fiore commissionò ai maggiori pittori fiorentini i disegni per le quarantaquattro vetrate della nuova Cattedrale, che avrebbero costituito uno dei maggiori cicli in Italia.
Le prime in ordine di tempo, destinate alla navata, furono disegnate da Agnolo Gaddi; quelle conclusive, le vetrate circolari per il tamburo della Cupola, furono realizzate negli anni Trenta e Quaranta del Quattrocento su modelli forniti da Donatello, Andrea del Castagno, Paolo Uccello e Lorenzo Ghiberti, già autore dei cartoni per le tre vetrate della facciata e per tutte quelle della Tribuna, nonché del progetto decorativo per le quindici cappelle absidali.
Negli anni Trenta del Quattrocento l'Opera di Santa Maria del Fiore avviò anche l'allestimento della sacrestia settentrionale, detta "delle Messe". Tra il 1436 e il 1468 l'ambiente venne foderato di armadi e pannelli lignei con intarsi a motivi vegetali, architettonici, figure di santi ed episodi del Vangelo, ordinati in un insieme che rappresenta non solo un esempio altissimo di tale tecnica, ma anche il primo di tal genere nel quale siano stati applicati i nuovi principi della prospettiva. Al lavoro parteciparono Agnolo di Lazzaro, che aveva tra i suoi collaboratori lo Scheggia, fratello di Masaccio, e Antonio Manetti, sostituiti poi da Giuliano da Maiano e Giovanni da Gaiole; i disegni vennero forniti da pittori quali Maso Finiguerra, Alessio Baldovinetti, forse Antonio del Pollaiolo.
Mentre si realizzavano le due grandi imprese delle vetrate e delle tarsie lignee per la Sagrestia delle Messe, l'Opera di Santa Maria del Fiore commissionò alcuni importanti lavori ad affresco. Intendendo riprendere l'antico progetto dei cancellieri della Repubblica di commemorare all'interno del Duomo coloro che avevano contribuito alla gloria di Firenze, gli Operai incaricarono Paolo Uccello e successivamente Andrea del Castagno di raffigurare in affreschi monocromi due condottieri che avevano guidato i Fiorentini in battaglie vittoriose: nel 1436 Paolo Uccello ultimò il suo Monumento equestre di Giovanni Acuto, inaugurando un'iconografia nuova, ripresa poi da Andrea del Castagno nel pendant, il Monumento equestre di Niccolò da Tolentino, dipinto nel 1456.
Le "Arti minori"
Ancor più che alla pittura gli Operai di Santa Maria del Fiore affidarono alle arti che oggi denominiamo "minori" la funzione di rendere splendida la Cattedrale ed esaltare la devozione dei fiorentini.
Il tesoro del Duomo, ma anche gli antichi registri contabili, oggi conservati nell'Archivio, testimoniano la qualità e la quantità delle commissioni a orafi e smaltatori per la realizzazione e il restauro dei reliquiari, esposti ai fedeli il 25 marzo di ogni anno.
Esempi realizzati in secoli diversi dimostrano la medesima raffinatezza: dal busto di San Zanobi di Andrea Arditi, del 1331, al reliquiario di San Gerolamo di Antonio Salvi del 1487; dal reliquiario di Santa Reparata di Francesco Vanni, della fine del XIV secolo, al reliquiario "del libretto" di Paolo di Giovanni Sogliani dell'inizio del Cinquecento.
Naturalmente l'Opera provvedeva a tutti gli oggetti per le celebrazioni liturgiche, come i calici, i turiboli, gli aspersori, e poi le croci, gli sportelli per i tabernacoli e le paci, commissionate, tra gli altri, a Maso Finiguerra e ad Antonio del Pollaiolo.
La stessa Opera ebbe inoltre in carico la dotazione della chiesa di codici liturgici, splendidamente miniati e rilegati. Tra questi, si segnalano i quattro ricchissimi corali (oggi alla Biblioteca Medicea Laurenziana, Edili 148-151) della seconda metà del Quattrocento, decorati da Filippo di Matteo Torelli, Zanobi Strozzi e Francesco di Antonio del Chierico con miniature che sommano al grande valore estetico quello di testimonianze uniche della vita sociale a Firenze.
Le ultime grandi commissioni
All'inizio del Cinquecento l'Opera commissionò gli ultimi importantissimi lavori di scultura.
A Michelangelo nel 1501 venne affidata la realizzazione della statua del re David per un contrafforte della Cupola: ultimata nel 1503, l'opera fu giudicata di valore, non solo estetico ma anche concettuale, tale da essere collocata in Piazza della Signoria davanti al Palazzo dei Priori, l'attuale Palazzo Vecchio, quale simbolo della Repubblica Fiorentina.
Subito dopo Michelangelo ebbe l'incarico dell'intero ciclo dei dodici Apostoli, destinati alle nicchie nei pilastri sotto la Cupola, ma lavorò soltanto al San Matteo.
La scultura, di impressionante forza espressiva, rimase incompiuta e oggi si trova nel Museo dell'Accademia.
Dopo la partenza per Roma di Michelangelo, l'incarico delle sculture degli apostoli fu affidato durante il secondo decennio del Cinquecento a Jacopo Sansovino, Andrea Ferrucci, Baccio Bandinelli e Benedetto da Rovezzano.
Presso il Museo dell'Opera del Duomo si trova la Pietà, che Michelangelo aveva scolpito a Roma per la propria sepoltura, senza condurla a termine: acquistata dallo scultore fiorentino Francesco Bandini nel 1561, fu poi collocata all'interno del Duomo nel 1722, dove è rimasta fino al 1981.
Nel corso del XVI secolo anche l'Opera del Duomo, come tutte le istituzioni fiorentine, andò perdendo la propria autonomia per essere subordinata al controllo diretto da parte del Granduca.
L'Opera ebbe dunque un ruolo più marginale nelle scelte relative alle ultime grandi imprese decorative della Cattedrale, alle quali tuttavia sovrintese: l'allestimento del coro e dell'altare maggiore per mano di Baccio Bandinelli (1547-1572) e la decorazione della Cupola iniziata da Giorgio Vasari e conclusa nel 1579 da Federico Zuccari, nella più totale aderenza ai dettami della Controriforma.
Fu tanto più estranea all'Opera di Santa Maria del Fiore e allo spirito che l'aveva sempre guidata la decisione del granduca Francesco I, nel 1587, di abbattere l'antica e venerata facciata eseguita su progetto di Arnolfo di Cambio e rimasta incompiuta. Modelli e disegni per la nuova facciata furono preparati dagli artisti cittadini durante lo scorcio del XVI secolo e nel seguente (oggi sono presso il Museo), ma la nuova facciata venne realizzata solo nel 1887 su disegno di Emilio De Fabris.