Giorgio Vasari e Federico Zuccari, Giudizio Universale
- Autori
- Giorgio Vasari - Federico Zuccari
- Data
- 1572-1579
- Collocazione
- Cattedrale di Santa Maria del Fiore
- Collocazione specifica
- Interno, cupola
- Materia
- Pigmenti, intonaco
- Tecnica
- Pittura ad affresco, pittura a secco
- Schede di catalogo
- Dipinto murale Giudizio Universale
Il dipinto murale della cupola raffigura il Giudizio Universale tra allegorie. Fu commissionato prima da Cosimo I a Giorgio Vasari, che realizzò i cartoni preparatori e dipinse in affresco i registri sommitali. Successivamente, alla morte del maestro e del Granduca (1574), per volontà del successore Francesco I il dipinto fu completato a secco nel 1579 da Federico Zuccari.
Si tratta di una dei più grandi dipinti della storia dell’arte: 3.600 mq di superficie con oltre 700 figure, di cui 248 angeli, 235 anime beate, 21 personificazioni, 102 personaggi religiosi, 35 dannati , 13 ritratti, 14 mostri, 23 putti e 12 animali.
Questa straripante composizione è articolata secondo un elaborato programma iconografico, che fu formulato dall’intellettuale di corte e monaco vallombrosano Vincenzo Borghini e che è una summa di vari sistemi desunti dalla teologia e dalla morale cattolica. Il soggetto del Giudizio finale era originariamente correlato con le sculture quasi coeve del coro sottostante (smembrate dell’Ottocento), raffiguranti Adamo ed Eva, il Dio Padre e il Cristo deposto. Il ciclo unitario della cupola e del coro raccontavano la Storia dell'Umanità, dal Peccato originale, al Sacrificio di Cristo, fino alla fine del Mondo.
L’organizzazione dello spazio segue la suddivisione architettonica in otto vele e riprende la decorazione della volta del Battistero: una vela riservata alla parusia di Cristo giudice nell’”ottavo” spicchio e le altre vele organizzate in registri orizzontali. Gli affreschi si possono quindi leggere sia orizzontalmente, per fasce, che verticalmente, per spicchi, laddove ogni spicchio risulta quindi organizzato a sua volta in diversi settori iconografici. Dall'alto verso il basso si vedono: nell’anello sommitale, dipinto ad affresco da Vasari, i 24 vegliardi descritti nell'Apocalisse (4,4) che si affacciano da un’architettura a tempio e stanno intorno al trono di Dio (la luce che spiove dall’oculo?) in eterna lode.
Nel settore inferiore campeggiano le gerarchie angeliche, ciascuna recante uno degli strumenti della Passione (qui il lavoro di Vasari si interruppe lasciando il posto a Zuccari). Al di sotto ci sono diverse famiglie di santi ed eletti (martiri, apostoli, vergini etc…); cui sottostanno triadi di personificazioni: una Virtù cristiana tra un dono dello Spirito Santo e una Beatitudine (ovvero una delle ricompense promesse in cielo ai giusti); e infine, nel registro tangente al tamburo, sono raffigurate sette regioni dell'Inferno riservate a punire uno dei sette peccati capitali. Lo spicchio est, in asse visivo verticale dietro l'altare, manca del registro dell’inferno e fa eccezione, perché vi è rappresentato Cristo Giudice.
Questa porzione è a sé stante e si deve considerare centrale sia concettualmente per il discorso iconografico sia perché, a tal ragione, è quello meglio visibile dai fedeli che stanno nella navata. Si deve considerare anche come “ottavo” spicchio, simbolo dell’ottavo giorno, il tempo dell’eternità che avrà inizio alla fine del mondo, cioè con il ritorno di Cristo che vi è raffigurato all’interno.
In alto due angeli portano il cartiglio dell’“ECCE HOMO” (“questo è l’uomo”) la frase di condanna di Pilato a Cristo, e l'altro è l’anagramma dell’“INRI”, il titolo della Croce: Gesù Nazareno re dei Giudei. Sotto troneggia Cristo, in vesti bianche, con le braccia aperte, ad accogliere i beati a destra, e a respingere i dannati a sinistra. Dietro ha un globo luminoso, che lo dice Nuovo sole del Mondo che verrà (questo spicchio è rivolto a est) e che allude alla particola eucaristica. Intorno a lui angeli Serafini e Cherubini, accanto la Santissima Madre, in preghiera, e il Giovanni Battista, protettore di Firenze, che intercede per i fiorentini; sotto Adamo ed Eva chiedono perdono per sé e per l'Umanità di peccatori che da loro ha avuto origine. Sotto il Cristo un angelo conficca un chiodo in un globo celeste: il mondo che l’ha crocifisso ora ne viene vinto. Ancora più in basso ci sono le personificazioni delle tre virtù teologali: la Carità al centro, in abiti rossi, con il cuore nella mano sinistra rivolto in alto e circondata da fanciulli; alla sua sinistra la Fede, in abiti bianchi e con la croce, dalla parte opposta la speranza, in veste verde e oro, guarda il cielo a mani giunte. Ai lati delle Virtù sono i santi della chiesa fiorentina trionfante. Nella parte inferiore c’è un'allegoria muliebre della Chiesa militante fiorentina (a destra campeggia lo stemma del popolo di Firenze), che un angelo sveste delle sue armi mentre un secondo la riveste del mantello dorato del trionfo. Infine, sull'imposta del tamburo campeggiano le Allegorie del Tempo naturale che si è concluso (un’anziana donna con sei mammelle giace addormentata): le Personificazioni delle Quattro Stagioni dormono, mentre ai loro lati il Tempo (il vecchio alato) mostra la clessidra esaurita e guasta, e la morte (a destra) spezza la sua falce.