Tino di Camaino, Monumento funebre di Antonio D'Orso
- Autore
- Tino di Camaino
- Data
- 1322
- Collocazione
- Cattedrale di Santa Maria del Fiore
- Collocazione specifica
- Controfacciata, a destra, tra portale centrale e portale nord
- Materia
- Marmo bianco, oro, pigmenti
- Tecnica
- Scultura, doratura, pittura
- Dimensioni
- Altezza: 392 cm; Larghezza: 305 cm; Profondità: 70 cm;
- Schede di catalogo
- Monumento funerario del vescovo Antonio D'Orso
Monumento funerario del vescovo di Firenze Antonio d’Orso (morto a Firenze il 18 luglio 1321), scolpito in marmo, parzialmente dorato e dipinto, capolavoro di Tino di Camaino nel 1322 ca. Nella sua forma attuale il monumento è un assemblaggio ipotetico delle parti superstiti, cui si devono aggiungere i due angeli reggi-cortina, ora nel Museo. Ne sono state tentate varie ricostruzioni ma è opinione quasi unanime che un tempo fosse presente una struttura a baldacchino che ne includeva la parte superiore.
A sorreggere l’insieme c’è un basamento poggiante su tre mensole, ornato da un bassorilievo raffigurante l’allegoria della morte: essa è raffigurata, al centro, nella forma di un mostro in armatura che cavalca un drago; ha i piedi di leone, tre volti e quattro braccia; con le due di destra e le due di sinistra tende due archi, con cui sagitta gruppi di figure nelle estremità, tra i quali si riconoscono nobili, re e alti prelati, alcuni già ridotti a scheletri. Sulla base poggiano tre leoni accovacciati, e su di essi si trova il sarcofago, a cassa, decorato nel lato frontale da un bassorilievo con la “Commendatio animae” del defunto: Antonio D’Orso è al centro, genuflesso di fronte Cristo, che gli sta davanti, in trono, come giudice. Il presule gli porge un rotolo, ovvero il “Libro della vita” su cui sono elencate le sue buone e cattive azioni. Lo introduce come avvocata la Vergine, scortata dalle pie donne, mentre dietro Cristo si riconoscono i santi Pietro e Paolo, principi della Chiesa di cui il vescovo era pastore, e il Battista orante, protettore di Firenze, dove D’Orso occupò la cattedra vescovile. Le due estremità sono chiuse da due terne di angeli.
Ai lati si trovano due stemmi murati a parete: a sinistra quello Gaetani, per riferimento a papa Bonifacio VIII, nel cui pontificato D’Orso divenne vescovo, e a destra quello di Clemente V, nel cui tempo Antonio D’Orso condusse gran parte del suo ufficio pastorale.
Alla sommità si trova il ritratto del defunto, seduto in Cattedra, in abiti vescovili. Tiene le braccia conserte sui ginocchi e la testa reclinata verso destra, ha gli occhi chiusi e l’espressione serena. I tratti del volto sono molto caratterizzati ed emaciati e furono forse desunti dalla maschera funebre.
Nel tratto di parete sottostante è presente l’iscrizione con la “firma” dello scultore.
Il programma iconografico fu probabilmente concepito da Francesco da Barberino, notaio, poeta ed esecutore testamentario del vescovo D'Orso. L'invenzione assai singolare del ritratto del defunto seduto, piuttosto che giacente, è innovativa: rimanda all’uso di esporre in cattedrale il corpo dei presuli defunti e richiama forse anche la tradizione secondo cui il vescovo sarebbe spirato durante la celebrazione di un pontificale. Ma su un piano teologico, la figura del defunto che si abbandona al sonno ha un significato legato alla speranza nella resurrezione, per rimando alle parole di Cristo all’episodio evangelico della resurrezione della figlia di Giairo (Marco 5,21-43): "Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme". Le braccia conserte e l’espressione serena del vescovo sembrano alludere alla sua fede nella salvezza dell’anima, cioè al suo Giudizio particolare, che è raffigurato nella fronte del sarcofago; e quindi anche all’attesa escatologica, cioè al Giudizio Finale e alla vittoria sulla morte, la cui personificazione è presente nella mensola.