Opera magazine
2017-06-19
Francesco Talenti e il Duomo. Quando S. Maria del Fiore divenne la più grande chiesa del mondo
Viaggio alla scoperta di una delle figure fondamentali dietro alla creazione del Duomo di Firenze. E della sua visione che rilanciò la città al centro del mondo.
Tutt'oggi, passeggiando intorno alla Cattedrale, nel suo fasto di marmi policromi e decorazioni scultoree, l’osservatore più attento noterà sulle fiancate un curioso “salto” della quinta e della sesta delle bifore a partire dalla facciata, rispetto alle quattro più arretrate, con una variazione della loro scansione e delle dimensioni. Si è soliti dire che "Roma non fu costruita in un giorno", e anche la cattedrale di S. Maria del Fiore vide alternarsi alla guida del suo bisecolare cantiere vari capomastri e, con loro, alcune variazioni in corso d’opera: l’innalzarsi delle ultime bifore ne è un indizio fondamentale.
Tali modifiche al progetto originario avvennero quando capomastro dell’Opera era Francesco Talenti. Il grande scultore e architetto aveva raccolto l’eredità di Arnolfo, Giotto e Andrea Pisano nel 1350, e la sua importante formazione ispirava grande fiducia alle autorità sovrintendenti dell’Opera: proveniente da una famiglia di scultori e architetti, Francesco aveva lavorato in gioventù ai maggiori cantieri fiorentini, al seguito della bottega di Andrea Pisano e di Andrea di Cione.
Fu prima incaricato del completamento della torre campanaria, disegnata e avviata da Giotto, ma rimasta interrotta al primo livello. Anche in questo caso Talenti dimostrò di avere l’autorità di modificare il progetto del maestro, se a lui dobbiamo l’attuale forma della torre, con le bellissime finestre, e la balaustra sommitale, al posto della quale Giotto aveva previsto una conclusione a guglia.
Contemporaneamente, il Talenti rivolse l’attenzione alla cattedrale, il cui cantiere giaceva allora in uno stato di semi-abbandono: fermo a un grado di avanzamento delle fiancate di pochi metri dalla facciata, e le prime quattro bifore - che per Arnolfo sarebbero dovute corrispondere all’interno ad altrettante campate quadrate -, si affacciavano su uno spazio incompiuto e occupato dall’antica Santa Reparata.
Il capomastro propose allora una nuova forma e una nuova scansione dei pilastri interni, a delimitare campate più ampie e rettangolari, riducendone così il numero da quattro a tre. Il disegno di questi pilastri – che vide molte modifiche - è considerato uno dei capolavori del maestro e di tutto il gotico fiorentino. Ricevuto il placet di ben tre commissioni di esperti, del giudizio plebiscitario di cento tra cittadini e religiosi, e ottenuto infine l’Imprimatur delle autorità preposte, il 19 giugno 1357 si prepararono le fondamenta dei nuovi pilastri in un clima di festa: erano le premesse per fare di S. Maria del Fiore la chiesa più grande del mondo.
Conclusi i lavori al Campanile, Talenti ritornò sul cantiere della cattedrale nel 1366, affiancato da Giovanni di Lapo Ghini e, il 19 novembre dell’anno successivo, una nuova commissione di “maestri dipintori” e orafi approvò il nuovo progetto di completamento longitudinale della cattedrale, che andava a modificare l’idea originale di Arnolfo di Cambio, nel senso di un ingrandimento sia in altezza che in profondità, in modo da riportare il numero delle nuove e più ampie campate a quattro. Così, anche il progetto del triconco absidale fu ingrandito e si posero le premesse per la cupola che sarà realizzata da Brunelleschi.
All’esterno, Talenti distanziò le finestre, le disegnò più larghe delle vecchie arnolfiane, ma soprattutto più alte: per illuminare le volte interne che l’architetto aveva innalzato. Dall’esterno è ancora ben leggibile il mutamento di elevazione: la fascia in marmo rosa che corre sopra le prime finestre indica l’altezza prevista da Arnolfo, mentre la soprastante balaustra segna la quota del Talenti. A lui e alle sue variazioni progettuali spetta l’invenzione dei timpani piramidali conclusi a edicola, che venivano così posti alla nuova altezza. A Francesco Talenti si devono anche i disegni della decorazione esterna, elegantissimi nella ricchezza di motivi geometrici in marmi verdi, bianchi e rosa. Suo - infine - anche il progetto del camminamento alla base delle volte, ispirato a quello di Santa Croce. Ma l’architetto non vedrà realizzato materialmente il suo progetto: morirà intorno al 1370, quando all’interno del perimetro sopravvivevano ancora parti dell’antica Santa Reparata.
Al suo avvio, però, fu grande l’entusiasmo e l’interesse per la ripresa del cantiere e per l’idea di un suo ulteriore ampliamento. E se, dopo la peste del 1348, la rivale Siena interruppe per sempre i suoi lavori di ingrandimento della cattedrale, Firenze invece non solo riavviò i suoi cantieri ma li rilanciò addirittura in grandezza, segno di una consapevolezza diffusa tra autorità e cittadini di detenere ormai il primato tra le città toscane, italiane e anche, forse, su tutto l’Occidente.
Deus ex machina di questo rilancio al centro del mondo fu il Talenti, e il suo progetto per dotare Firenze della chiesa più grande del mondo. Era il 19 giugno 1357.